martedì 16 febbraio 2010

L'aquila è ritornata a svettare dai cipolloni regali? Il palazzo che non c'era. Kolomenskoe, parte III



La prima pietra del palazzo di Aleksej Michajlovič, il Tranquillissimo, fu posta nel 1667 a Kolomoskoe. Fu finito nel 1671. Tutto in legno, a parte le fondamenta, doveva servire come residenza estiva, un luogo di riposo nei boscosi dintorni della capitale, famosi per l'abbondante selvaggina a disposizione dello zar, accanito cacciatore. Furono fatte le cose in grande, tanto che gli stranieri che capitavano a Mosca lo definirono subito l'ottava meraviglia del mondo: alto 25 metri, copriva una superficia di più di cinquemila metri quadrati (è vero che Aleksej Michajlovič aveva accumulato sedici figli e, probabilmente, aveva bisogno di spazio). Estremamente variegato nelle forme che, pur fedeli alla architettura tradizionale, in alcune parti già occhieggiavano alle forme occidentali: 270 stanze, torrette, terrazze, gallerie, passaggi sormontati da tetti a tenda, a cipolla, a cupola, a botte. Anche gli interni dovevano stupire: un decorativismo sovrabbondante colmava tutto di fiori, erbe, stagioni, segni zodiacali, paesi esotici; molti dipinti erano di Simon Ušakov, il più grande pittore del tempo. Qui trascorse gran parte della sua infanzia Pietro il Grande da bambino. Eppure dopo solo cento anni, nel 1768, il Palazzo fu abbattuto. Nella seconda metà del Settecento la capitale non era più Mosca ma Pietroburgo. Caterina II aveva intenzione di restaurarlo ma, fatti un po' di conti e considerata la spesa abnorme che il restauro comportava, decise di abbatterlo. Non senza averne prima fatto una planimetria precisa e un modellino fedele (che andò poi perso durante l'invasione napoleonica). Del Palazzo rimangono ora qualche rara raffigurazione in stampe dell'epoca, a Kolomenskoe le fondamenta perfettamente conservate e a Pietroburgo le sue planimetrie.
L'idea di ricostruirlo venne a qualche buontempone a metà degli anni Novanta. La municipalità di Mosca, già imbaldanzita dall'operazione della Chiesa del Redentore, l'aveva fatta propria ma per questioni di budget il progetto si era fermato.
Nel 2007 l'amministrazione moscovita ha deciso di convogliare il proprio straripante fervore edile nel maestoso alveo della storia patria e il progetto del Palazzo di Aleksej è stato ripreso in grande. Il sindaco Lužkov ha promesso che entro il 2010 sarà tutto pronto, anche gli interni. L'edificazione degli esterni ha proceduto a tappe forzate e nell'autunno del 2009 era già pressoché completata. Le informazioni sui criteri di questa ricostruzione sono stranamente contradditorie: a volte si legge che il Palazzo è stato innalzato con il più rigido rispetto dei materiali e dei metodi dell'epoca (eh già, come si vede dalle mie foto, ottobre 2009!), altre si giustifica la carcassa di cemento con le esigenze di sicurezza e dell'accoglienza dei turisti.
Ecco, infatti, il punto. Oltre a interni riccamente decorati e forniti di arredi e materiali "originali" del XVII secolo, il Palazzo conterrà un teatro e un ristorante da un centinaio di posti. C'è spazio abbondante per costruire finte isbe antiche dove gli impiegati e gli addetti vestiti in finti abiti anticorussi potranno abitare.
C'è spazio abbondante per parcheggi ampi per numerosi pulman che saranno comodissimi, così vicino ad arterie come la Kaširka e il prospekt Andropov. L'aveva pensata bene Aleksej Michajlovič la location della sua magione. Eh no, lui in realtà non ci era arrivato. Questa l'ha pensata tutta Lužkov. Il Palazzo ricostruito non sorge infatti  dove sorgeva quello originale, ma, con la scusa di preservare le querce centenarie, lo si è spostato qualche chilometro più in là, oltre D'jakovo, vicino alle grandi arterie, dove sarà tanto più razionale gestire le moltitudini di turisti attese. Ottimizziamo tutto, a cominciare dalla Storia.

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