domenica 5 settembre 2010

La steppa. Storia di un viaggio

Ebbene sì, non ho resistito e ho rubato per questo post il titolo del bellissimo, lirico racconto di Čechov. Dopo Elabuga e Jasnaja siamo andati sul Don, a Vešenskaja, la stanica (la cittadina dei cosacchi si chiama così) di Michail Šolochov, l'autore del Placido Don. Nel giro di una decina di giorni ci siamo macinate 4000 km circa, 2000 in aereo e altrettanti tra balzi e buche in caracollanti microautobus. Questo per dare un'idea degli spazi. 
La steppa è grande come il mare, come sul mare il sole vi si appoggia sopra e la luna nasce dal suo suolo come una zucca arancione. Non arriva subito, si fa aspettare e dopo i boschi si va per ore attraverso una zona intermedia, la lesostep', bosco-steppa. Il suolo è sabbioso o ha la grassa nera consistenza del černozem (terra nera) che quest'anno a causa del gran caldo purtroppo non ha mantenuto la promessa di abbondanza. I girasoli sono secchi e le loro corolle avvizzite pendono vuote di semi. Dopo i boschi bruciati che abbiamo passato non è un bello spettacolo. Le angurie nei campi, però, sono inspiegabilmente succose e dolci.


Come il mare la  steppa è spazzata dal vento, di solito da sud-est, dai grandi spazi desertici dell'Asia Centrale (perché, come dicevano i geografi euroasisti, in realtà gli Urali non sbarrano un granché, non sono un vero confine): un vento caldo e secco che rende il freddo e l'afa sopportabili.
La steppa è instabile, è terra in viaggio, terra che scappa sotto i piedi, terra-mare (sarà per questo che i suoi villaggi si chiamano stanitzy con la stessa radice di pristan', porto?) che lo sforzo dell'uomo cerca di trattenere, radicare. I maestri dei villaggi, qualche pope illuminato e altri agronomi improvvisati piantavano alberi, spesso le specie più improbabili e nordiche, che tuttora formano una sorta di barriera protettiva per colture e insediamenti.
La steppa, così aperta, senza ostacoli naturali se non la sua vastità, è zona di confine che ha prodotto la stirpe (il ceto? il popolo?) cosacca. Ma questa è un'altra storia, complessa e ancora oggi piena di conseguenze. Ci devo pensare ancora un po' su e decantare tutte le impressioni che mi frullano per la testa.


2 commenti:

  1. Come dimenticare il lungo racconto di Cechov sulla "Steppa"?
    Non stupisce che ripercorrendo quei luoghi tu l'abbia sempre in mente.
    Io, che non ci sono mai stata, posso persino sentirne gli odori, guidata da lui.
    Ora poi ci sono le tue bellissime foto.
    Cosa volere di più?

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  2. hai proprio letto tutto! :)
    gli odori: tra le sterpaglie cresce il famigerato assenzio, amaro narcotico per poeti maledetti, immagine maledetta della Apocalisse legata alla venuta dell'Anticristo, ripresa da Dostoevskij ecc. ecc.
    chissà cosa mi immaginavo e invece è un'erbetta dall'apparenza innocua che ha un odore non così lontano dalla camomilla.

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