domenica 11 novembre 2012

The Mill and the Cross. Omaggio a Giuliano

In questi giorni era a Roma il regista polacco Lech Majewski. 
Credo che fosse lì per presentare la versione blue-ray del suo film The Mill and the Cross, uscito nelle nostre sale a marzo con il titolo I colori della Passione. Ma perché cambiare i titoli, perché non Il Mulino e la Croce? C'è davvero bisogno di usare dei termini religiosi per attirare il pubblico cattolico con un improbabile quanto inopportuno richiamo a Mel Gibson? 
Il film è ispirato al quadro di Pieter Bruegel il Vecchio La salita al Calvario.
Nel titolo originario c'è tutto il succo del film, i due poli del quadro e del film: la grande ruota della vita che macina secondo il (suo) Tempo la granulosa sostanza dei nostri destini e la ruota multiforme della morte che nel volo nero dei corvi sovrasta le minute nostre faccende umane. 
Quante ruote nel film! Soprattutto il mulino che si erge sullo sperone di una roccia cava custodendo i propri meccanismi rotanti nelle viscere profonde della terra. E' il gemello del mulino di Amleto della mitologia scandinava che macina i destini degli uomini in fondo al mare e crea la corrente, il gorgo che porta nel regno dei morti. Anche il mulino, come la Croce, è un albero, l'arbor mundi, il perno, l'asse terrestre, albero di vita e di morte.



"Nelle rozze e vivide immagini delle popolazioni scandinave Amlóði si distingueva per il possesso di un mulino favoloso dalla cui macina ai suoi tempi uscivano pace e abbondanza. Più tardi, in tempi di decadenza, il mulino macinò sale; ora infine, essendo caduto in fondo al mare macina le rocce e la sabbia creando un vasto gorgo, il Maelstrom («la corrente che macina», dal verbo mala, «macinare»), ritenuto uno delle vie che conducono alla terra dei morti. Questo nucleo di immagini, come rivela una serie di fatti, rappresenta un processo astronomico, lo spostamento secolare del sole attraverso i segni dello zodiaco che determina l’età del mondo, assommanti ciascuna a migliaia di anni. Ogni età porta con sé un’Era del mondo, un Crepuscolo degli Dei: le grandi strutture crollano, vacillano i pilastri che sostenevano la grande fabbrica, diluvi e cataclismi annunziano il plasmarsi di un mondo nuovo." (G. de Santillana, H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Milano 2003).
E' stato Giuliano, in una serie memorabile di post su Tarkovskij e Leonardo, Tarkovskij e Bruegel ecc..., a insegnarmi a guardare come il grande regista russo entra ed esce dai quadri animandoli con il suo sguardo e cancellando le suture tra il cinema e la pittura. Nello Specchio, ma soprattutto in Solaris il quadro di Bruegel Cacciatori nella neve si anima dei pensieri di Hari e il piccolo Kris vi compare come personaggio proprio nell'intenso episodio della levitazione. Del resto, Bruegel aveva già ispirato con il suo quadro sui Magi Pasternak, poeta amatissimo da Tarkovskij (L'adorazione dei Magi nella neve).
Lech Majewski ha a disposizione l'esperienza di artista di video e la tecnologia digitale ma è evidente che deve molto a Tarkovskij. E qualcosa anche a Sokurov, con l'infilata di sale del museo di Vienna, che molto ricorda l'Ermitage dell'Arca russa, anche per l'esplicita uscita dal quadro e dal film (eh eh in russo, si usa la stessa parola, kartina, chissà se anche in polacco!) finale (come anche in Andrej Rublev) che, mi sembra, coinvolge noi spettatori da vicino, ci risucchia dentro, abolendo la distanza regista-autore/spettatore-destinatario del film.

Infine, questo film contiene una potentissima riflessione sull'arte, sul suo rapporto con la vita e con la Storia (leggi la Politica).
Di fronte al corteo straziante dei soldati che accompagnano i condannati al Calvario (soldati in divisa rossa, cioè gli spagnoli, strumenti dell'Inquisizione che al tempo di Bruegel spa/ezzava  con torture e uccisioni le Fiandre), conversano il pittore e l'amico collezionista-commitente. Quest'ultimo è indignato perché questo potere straniero violenta corpi e anime del paese, violenta la virtù stessa. Come reagire? Bisognerebbe, dice, fermare il Tempo, congelare questo istante per vederlo, dargli il nome e spezzarne la violenza. E chiede all'amico: "Potreste voi esprimere tutto questo?" "Sì", risponde il pittore assorto. "E come?". Senza dire niente, il pittore alza la mano. Il suo gesto è ripetuto lontano, in alto, dal mugnaio impassibile che come un Dio inaccessibile, e quasi impotente, guarda il mondo dalla cima del suo mulino. E tutto si ferma. Il Tempo si congela, non scorre.
Il potere dell'arte è questo sottrarre l'attimo al flusso del tempo, isolarlo, metterlo in cornice (Simmel) perché tutti noi i distratti, noi la folla che guarda Simone il Cireneo e sua moglie e non si accorge di Cristo che cade al centro del quadro, perché noi possiamo infine vedere questo nostro attimo e comprenderlo. Anche giudicarlo.

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