martedì 5 marzo 2013

Sessant'anni dalla morte di Stalin. Una poesia di Mandel'štam

Se ne sprecheranno oggi di parole.   E' comunque importare ricordare una delle tragedie che ha devastato il Novecento.
Lo faccio con una delle poesie di Osip Mandel'štam, poeta morto proprio per la sfida lanciata a Stalin con questi versi. Dopo questa poesia Mandel'štam fu arrestato (la dettò lui stesso all'ufficiale della Lubjanka che lo interrogava) ma se la cavò con un confino. Ma qualche anno dopo, durante il Grande Terrore del 1937, un nuovo arresto finirà con la condanna ai lavori forzati e alla sua morte in un lager di transito.

Non ci sentiamo il paese sotto i piedi

Non ci sentiamo il paese sotto i piedi,
a dieci passi di distanza non si sentono le voci,

e ovunque ci sia spazio per un mezzo discorso
salta sempre fuori il montanaro del Cremino.

Le sue dita dure sono grasse come vermi,
le sue parole esatte come fili a piombo.

Ammiccano nel riso i suoi baffetti da scarafaggio,
brillano i suoi stivali.

Ha intorno una marmaglia di ducetti dagli esili colli
E si diletta dei servigi di mezzi uomini.

Chi miagola, chi stride, chi guaisce
Se lui solo apre bocca o alza il dito.

Forgia un decreto dopo l’altro come ferri di cavallo:
e a chi lo dà nell’inguine, a chi fra gli occhi, sulla fronte o sul muso.

Ogni morte è una fragola per la bocca
Di lui, osseta dalle larghe spalle.

(trad. di Serena Vitale)


Мы живем, под собою не чуя страны,
 Наши речи за десять шагов не слышны,
 А где хватит на полразговорца,
 Там припомнят кремлевского горца.
 Его толстые пальцы, как черви, жирны,
 И слова, как пудовые гири, верны,
 Тараканьи смеются глазища
 И сияют его голенища.

 А вокруг него сброд тонкошеих вождей,
 Он играет услугами полулюдей.
 Кто свистит, кто мяучит, кто хнычет,
 Он один лишь бабачит и тычет.
 Как подкову, дарит за указом указ –
 Кому в пах, кому в лоб, кому в бровь, кому в глаз.
 Что ни казнь у него – то малина
 И широкая грудь осетина.

Ноябрь 1933

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