giovedì 25 febbraio 2010

Versi in tasca. Un post di Giulia

Mulini a vento. A ciascuno il suo. Come dice l'ideatore dei «Versi in tasca»; cosa sono? Difficile tentare di inserirli in una categoria predefinita. Allora diciamo soltanto che un bel dì un giovane ragazzo moscovita, Vanja, ha deciso che era tempo per i suoi connazionali di ritrovare il gusto della loro letteratura e di assaporarne frammenti quotidiani.



Così, semplicemente, nasce l'idea di creare piccole cartoline plastificate con una poesia di Puškin, Blok, Brodksij o Mandel'štam, oppure un breve scorcio di prosa cechoviana o gogol'jana. Ma poichè ogni piccola bellezza è sempre un po' inaspettata non occorre avere un luogo fisso e noto per trovare queste schegge d'arte. Possono comparire su una panchina del Čistoprudnyj Bul'var, le vedi spuntare mentre scatti l'ennesima foto al monumento di Puškin, oppure ti guardano da una cabina telefonica mentre tenti disperatamente di richiamare chi ti cercava con tanta urgenza. Insomma – versi in tasca, inaspettati, improvvisi. Inciampi nelle parole dei poeti e pensi che, tutto sommato, possono ancora farti compagnia, in metrò – nel frastuono della velocità – in ascensore, quando perdi il conto dei piani da salire, o – perchè no? – a casa, nella quiete agognata, con una tazza di the e un giorno alle spalle.

A cosa serve tutto questo? Ah, l'eterno dilemma dell'utilità! I russi sono campioni indiscussi di questo enigma…e la risposta, ancora una volta, sfugge: non serve a nulla – chi ha tempo per questi passatempi bislacchi, non ha proprio niente di meglio da fare! E poi Tarkovskij o Lermontov non mi portano la spesa a casa e non vanno a prendermi i figli all'asilo…
Eppure serve: a capire che, almeno qui, nonostante il gelo e il vento della Siberia, c'è ancora sangue caldo che scorre nelle vene dei giovani, sangue che ha fame di nuovo, che cerca di trovare spazi altri e nuove pareti per raccogliere l'eco del passato; serve per comprendere che un foglietto in tasca può cambiare l'umore in un momento, può fermare il respiro affannato ed esausto e dare nuovo ossigeno, aria fresca; serve anche soltanto per abbozzare un sorriso rivolto a questa strana pensata.
Una cosa rimane certa: più poeti e scrittori riempiranno le nostre tasche, più sarà facile – ogni giorno – continuare a credere, sperare – e sognare.
Giulia De Florio

4 commenti:

  1. anche a parma ho conosciuto uno studente che distribuiva o lasciava in giro foglietti di poesie... a me era toccata in sorte Ascoltate! di Majakovskij...
    e come sarà andata con Mandel'štam alla Tret'jakovka?

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  2. Grande Giulia.
    Anche a Vignola (MO), durante il PoesiaFestival, distribuivano tubi con dentro una poesia... non mi ricordo più cosa mi capitò, ma non doveva essere uno dei miei preferiti, perché invidiai molto mio fratello a cui era capitato un Montale degli ultimi.
    Però il tuo post mi ha fatto tornare in mente un altro episodio, in un ufficio SIAE, mentre espletavo le pratiche per la replica di uno spettacolo teatrale. L'impiegato disse "Teatro per amore (era il nome della rassegna, di gruppi di base)... ma per amore di chi? Qualcuno ci dovrà guadagnare, figuriamoci se uno fatica così tanto senza nessun profitto". Quanti "versi in tasca" ci vorranno per riempire le sue tasche? Non è una battuta: è una questione che sempre più mi assilla - e così fa con intelletti ben più degni del mio.

    E comunque io, Lermontov, non ce lo manderei a prendere mio figlio all'asilo, quand'anche lui fosse disposto a farlo.

    Massimiliano

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  3. uhm, massimiliano, mi sa che da te verrà fuori proprio un buon padre

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  4. Però magari la spesa a casa a Lermontov sì :-)
    July, che voglia di tornare là dove anche l'inutile diventa utile!!
    elena

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