mercoledì 24 marzo 2010

Sokol, il villaggio degli artisti (parte terza)

Alcune delle case sono delle specie di isbe spaziose fatte di travi, altre sono di mattoni con delle belle mansarde. Sono tutte orgogliosamente diverse l'una dall'altra. Tutto venne attentamente pensato, progettato: la forma delle panchine e dei lampioni, i tipi di alberi e piante ornamentali, i nuovi materiali sperimentati... Anche le infrastrutture dovevano adeguarsi alla nuova filosofia dell'abitare: negozi, mensa comune (la cucina, in quegli anni, era vista come il luogo del servaggio femminile e andava abolita), asilo, biblioteca, teatro amatoriale. Gli orti comuni avrebbero aiutato la sopravvivenza all'insegna di una sana e moderata autarchia.
Sport e musica avrebbero dovuto essere particolamente coltivati con finalità educative e pedagogiche. I bambini sarebbero cresciuti poliglotti, all'asilo si insegnava e si parlava tedesco.
La disgrazia venne dal cielo: come un infausto presagio l'8 maggio 1935 cadde sul villaggio un aereo, dal nome fatale Maksim Gor'kij. Dopo qualche tempo l'edilizia cooperativa fu abolita e lo Stato si riprese la proprietà e la sua gestione diretta. Le case furono trasformate in kommunalki, molti abitanti finirono nel tritacarne delle purghe o della guerra. All'inizio degli anni Cinquanta il villaggio fu minacciato di essere demolito (ma Stalin che una volta lo nominò decretò come casualmente la sua salvezza). Tuttavia da allora gli abitanti di Sokol devono periodicamente combattere le autorità cittadine per mantenere il diritto a restare. L'ultima volta risale allo scorso febbraio, quando le autorità cittadine si sono espresse in modo larvatamente minaccioso contro Sokol con il pretesto che molte delle sue casette sarebbero costruzioni recenti. Siccome è in atto una serie di indiscriminate demolizioni di vari insediamenti (si veda la questione di Rečnik), la gente è spaventata..








Fonti: Nikolaj Soljanik dal sito "poseloksokol.narod.ru". Le foto sono mie.

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