"Sono passati dieci anni... Černobyl' è ormai è ormai diventato una metafora, un simbolo. E' perfino diventato storia. Sono state scritte decine di libri, girati migliaia di metri di pellicola. Ci sembra di sapere tutto quello che c'è da sapere: fatti, nomi, cifre. Cosa possiamo aggiungere ancora? Inoltre, è perfettamente naturale chel a gente voglia dimenticare Černobyl' e preferisca pensare che appartiene ormai al passato... Di che cosa parla questo libro? Perché l'ho scritto? Questo libro non parla di Černobyl' in quanto tale, ma del suo mondo. Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. La storia mancata: ecco come avrei potuto intitolarlo. A interessarmi non era l'avvenimento in sé, vale a dire cosa era successo, per colpa di chi, quante tonnellate di sabbia e cemento c'erano volute per costruire il sarcofago che richiudesse quel buco del diavolo, bensì le impressioni, i sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l'ignoto. Il mistero.
Černobyl' è un enigma che dobbiamo ancora decifrare /.../ Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Cernobyl' è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l'acqua e la terra." S. Aleksievič, Preghiera per Černobyl'. Cronaca del futuro, trad. di S. Rapetti, E/O, Roma 2002.
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