Dalla Gerusalemme celeste alle varie città del sole dei sogni utopistici (Solncestan, Solestan, secondo Chlebnikov nella sua poesia La città del futuro), la città è sempre stata un centro di irraggiamento di visioni future per un'umanità rinnovata. Nel primo Novecento e, in particolare negli anni a ridosso l'Ottobre, poesia e architettura si sono unite per contemplare un nuovo spazio antropizzato che aiutasse l'uomo a sollevarsi da terra, a volare alto sulla pesantezza, al di là delle catene della gravità. I "planity" di Malevič, i "prouny" di El Lisickij, le "città volanti" dell'architetto Georgij Krutikov progettano tutti un nuovo modo di abitare, la casa nuova dei cieli e terra nuovi di cui intravedono il bagliore. Acciaio e vetro, verticalità e trasparenza sono le caratteristiche della futura città ideale, nel fulgore di una tecnica la cui potenza sfiora i confini del cosmo e che non si contrappone alle sorgenti originarie della natura ma ne è la proiezione organica e quasi logica. Nella sua visionarietà da profeta Chlebnikov riesce a essere anche lucidamente concreto: quando parla dell'inquinamento e dell'alienazione delle città mangiauomini dell'oggi, inanella metafore dove è il corpo dell'uomo a essere usato e sfregiato da una disumana volontà di potenza senza volto. Fa rabbrividire se si pensa alle morti dovute all'aria malata che respiriamo.
Traduco questo brano da Noi e le case [My i doma], 1921: "Le cose andranno così nella città degli abitanti alati? In realtà la mano del tempo indirizzerà l'asse della vista verso l'alto [...]. Ora la città la si guarda di lato, allora la si guarderà dall'alto [...]. Con flussi di volatori e con il volto della strada sopra di sé, la città comincerà a essere gelosa dei suoi tetti e non dei suoi muri. Il tetto in quanto tale si crogiola nell'azzurro, è lontano dalle nuvole sporche di polvere. Non è come il selciato che vuole essere spazzato con una scopa di polmoni, organi respiratori e teneri occhi; non scoperà via la polvere con le cigliа e non strofinerà via dal proprio corpo lo sporco nero con una spugna di polmone. Adornate i vostri tetti, acconciate queste pettinature con strette mollettine. La gente si affollerà sul giovane e magnifico tetto e non più tra le strade viziose con il loro sporco desiderio di possedere l'uomo come una cosa nel proprio lavandino..."
La foto è della torre Šuchov, a Mosca, anch'essa meriterebbe un post tutto suo. L'ho tratta dal sito del fondo Šuchov (http://www.shukhov.ru/index.html)
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