sabato 11 dicembre 2010

Čechov legge Tolstoj (parte III)

La minuzia della vita quotidiana è preziosa, è spesso ristrettezza, angustia, soffocante astuccio (cfr. L'uomo nell'astuccio), ma è questo lo scopo dell'arte di Čechov. Egli vede un cielo eterno sopra la misera, stretta astuccesca vita umana, ma il suo scopo, il suo focus, il suo oggetto letterario è proprio questa astuccesca vita umana.
In questa angustia cerca la via d'uscita e lo slargo nel tempo ampio, nella ristrettezza del presente i segni nebbiosi del futuro. E' come se si fosse messo in testo di descrivere questo particolare cronotopo: il tempo grande che guarda di qui e di là rispetto al presente, guarda al passato e al futuro, ma necessariamente un passato lontano (il ricordo dell'infanzia o la memoria mitica del folclore, cfr. La steppaLe tre sorelle), e un altrettanto lontano futuro. Tanto lontani che in realtà non se ne può parlare. 
Ecco che qui entra in ballo il racconto Una storia noiosa come strana risposta al tolstojano La morte di Ivan Il'ic. Čechov legge Tolstoj che narra della morte e inizia la sua narrazione sulla morte, una narrazione che attesta che della morte non si può narrare.
Una storia noiosa, Skučnaja istorija, è del 1889. Mi sono spesso chiesta il perché di quel titolo. Mi sembrava strano, una storia noiosa perché? Si tratta di un uomoche sta morendo e questo può essere tutto tranne che noioso. E' vero che skuka (noia) in russo ha una semantica ricca, per esempio, skučaju significa anche "ho nostalgia"... e così me lo sono spiegato in un primo tempo.
Eppure, Čechov doveva tenere particolarmente a quel titolo, l'ho pensato, trovato, sostituito a un altro. Infatti, prima il racconto s'intitolava diversamente, Io e il mio nome. Un titolo molto čechoviano. Il rapporto problematico tra nome/ruolo e persona è presente fin dai suoi primissimi racconti, quelli brevi, umoristici, per i quali pensava che non valesse neanche la pena di sprecare il proprio nome e che firmava con un buffo quanto trasparente pseudonimo, Antoša Čechonte.
In Una storia noiosa Čechov imposta un tema classico, la ricerca di identità, ma in modo rovesciato rispetto al solito: a un certo punto della vita non si tratta più di ricercare la propria identità, ma di prendere atto della, o di opporsi alla, separazione dalla propria identità cristallizzata che sembra permanere, nonostante il cambiamento che uno esperisce su di sé.
Il racconto inizia con il protagonista che parla di se stesso in terza persona e dice: “il mio nome è famoso”. Il nome è fortunato, non invecchia. Al nome, infatti, egli oppone una descrizione impietosa del proprio CORPO che muta usando, tra l'altro, una citazione dal Diario di un uomo superfluo di Turgenev. Ma lo scollamento tra nome e persona non è solo segnato dalla propria fisicità che degenera. A ciò si accompagna una ben più grave e diffusa perdita della referenzialità, per cui l'invecchiamento è descritto come perdita della facoltà comunicativa, che non è tanto mancanza della memoria, o diminuzione delle facoltà mentali, quanto un progressivo e inquietante scivolamento via dal mondo. L'eroe del racconto, il famoso professore Nikolaj Stepanovič, non ha più presa sul mondo:  scrive meglio nelle lingue straniere che in russo e questo è un segno terribile della perdita del terreno sotto i piedi, della possibilità di rapportarsi. Oppure il mondo lo infastidisce, si ritira, prima dagli estranei poi dai cari (il motivo ricorrente del "lasciatemi in pace").
Oltre che la parola anche il gesto si fa meccanico e senza un effetto, non colpisce più il bersaglio. Čechov è un maestro dei gesti meccanici da marionetta, dei tic e dei riflessi condizionati immemori della propria motivazione. Il rituale tenero e affettuoso con la figlia, che da bambina amava il gelato, si trasforma in non senso: "E ora, su impulso di vecchi ricordi, bacio le dita di Liza e borbotto: 'pistacchino... pannoso, limoncino...', ma mi vien fuori tutt'altra cosa. Sono freddo come il gelato e mi vergogno".
Allora se il titolo originario era così emblematico del contenuto del racconto perché cambiarlo?
Poi mi è capitato di rileggere La morte di Ivan Il'ič di Tolstoj. All'inizio del secondo capitolo, quando inizia la storia vera e propria di Ivan Il'ič, per introdurre la storia, Tolstoj scrive:
"La storia passata della vita di Ivan Il'ič era stata la più semplice e ordinaria delle storie e la più orribile".
Il massimo dell'ordinario e il massimo dell'orrore. La noia. E allora mi sono chiesta se era possibile pensare il racconto di Čechov come un contraccolpo a quello di Tolstoj. In entrambi abbiamo un uomo che muore, in entrambi abbiamo anche un problema narrativo speciale. E non credo di immeschinire la faccenda parlando innanzitutto di problema narrativo. Nei grandi è tutt'uno. (Continua)

L'immagine viene dal bellissimo sito del progetto "Dizionario russo biografico", http://www.rulex.ru/

6 commenti:

  1. Fai bene a mettere in parallelo "La morte di Ivan Il'ic" e "Una storia noiosa", anche se il ritmo è molto diverso anche perchè la presa di coscienza nel racconto di Tolstoj arriva con una progressione rapida e fulminante, quasi una illuminazione( attivata proprio dalla morte ormai presente), mentre in quello di Cechov il processo è lento e ragionato e, come sempre, la fine rimane sospesa. La morte è sullo sfondo e si avvicina a piccoli passi ormai da tanto, svuotando tutto quello che erano gli interessi più vivi, sia scientifici che famigliari.
    Il vero nucleo che accomuna i due racconti è l'accorgersi (rapido in Tolstoj, lento in Cechov) dell'illusorietà e convenzionalità dell'Io, scambiato per tutta la vita come centro vivo e pulsante della propria identità, ma che ora appare in tutta la sua "noiosa" pochezza. E' la scoperta della personalità a "cipolla". Sfoglia sfoglia, cosa resta di autentico?
    Riusciremo come Ivan Il'ic (ed è per questo che amo molto Tolstoj) a vedere la luce,anche solo per un attimo, dopo tanta disperazione?

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  2. Già, Tolstoj descrive quello che succede a Ivan con un'immagine precisa e chiara. Il suo è un capovolgimento di visione come quando ti capita di essere in treno convinto di andare in una direzione e poi invece tutt'un tratto con stupore ti accorgi di andare al contrario. Questo capovolgimento di prospettiva gli permette di giudicare tutta la propria vita con una visione al vetriolo. Certe volte però mi viene il dubbio che la luce finale sia una sorta di consolazione.

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  3. No, per me è una vera "illuminazione", di quelle che si raggiungono difficilmente, solo quando si è disposti veramente a superare il proprio Io; una specie di conversione all'ultimo momento, davanti alla verità della morte.

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  4. Ti scrivo rapidamente qui perché virgilio mail non si apre (che odio!)
    Alla fine l'ho detto sabato è successo il casino ti giuro urla e scenate di gelosia tra la nuova e la vecchia famiglia, ma non mi hanno messo in mezzo quindi non me ne frega niente e boh Santa Lucia è stato davvero bello e anche oggi ovviamente ci sono un sacco di Luciatag.
    E non so si ci sarebbero altre mille cose da raccontarti ma non ne ho il tempo, forse oggi pomeriggio, forse domani potremmo sentirci e parlare. Comunque davvero io sono felicissima anche se mi è venuta la sinusite e vorrei avere un aereosol

    Chissà cosa stai facendo e dove sei, comunque un bacione a te, a papà e a Matte
    <3
    Laura

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  5. mi dispiace Lauretta del pasticcio. Ecco perché non rispondevi. Anche noi eravamo tagliati fuori per un guasto a Internet nel weekend. Oggi mi trovi nel pomeriggio. Sono a Parma. un bacione mamma

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  6. A me alla fine non mi spiace io sono molto più felice :)
    Lo so sono egoista ma questa è la mia Svezia

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