mercoledì 3 febbraio 2010

Ljudmila Alekseeva è una storica attivista dei diritti umani in Russia, tra le fondatrici del Gruppo Helsinki di Mosca negli anni Settanta del Novecento. Il 31 dicembre era stata trattenuta dalla polizia in occasione del meeting per la libertà di riunione. Aveva fatto scandalo il trattamento riservato a una signora di 82 anni. Il 31 gennaio l'indomita Ljudmila era ancora in piazza. Traduco dal suo blog per mostrare che chi manifesta pacificamente non sono pazzi invasati e, come dice Ljudmila Michailovna, se la polizia non provoca le manifestazioni si svolgono in modo civile: "Cari amici! Scrivo subito dopo essere tornata dalla Triumfal'naja ploščad' visto che le impressione sono ancora fresche. /.../
 Dal momento che anche questa volta le autorità non hanno autorizzato il meeting abbiamo deciso come le altre volte di non usare né altoparlanti né striscioni, ma il Gruppo Helsinki di Mosca e Memorial hanno preparato dei distintivi "Articolo 31 della Costituzione della Federazione Russa. Ce n'erano centinaia ma in piazza c'era ancora più gente. /.../  A un certo punto da dietro hanno cominciato a gridare "Libertà, libertà!" Non sono sicura se abbiano iniziato a gridare prima e poi a arrestare o viceversa. Ma la ressa era tremenda perché avevano circondato tutta la piazza, lasciando uno spazio molto stretto, c'erano molti manifestanti e probabilmente la polizia erano ancora di più. Dietro a me hanno cominciato ad arrestare la gente praticamente subito. E allora le urla "libertà" sono state sostituite da "La Russia senza Putin". Ma questa è stata sicuramente una reazione ai poliziotti. Tutto quello spazio circondato era pieno di autobus che si erano "premurati" di far trovare pronti in modo che bastassero per tutti. Non sono in grado di dire quanti fossero, io ne ho contati 9, ma poi ne sono arrivati molti altri. Prendevano sia quelli che urlavano sia quelli che non urlavano niente. Ne hanno presi alcuni che erano vicini a me, in particolare  Boris Nemcov. Poi ho saputo che hanno preso un membro della Presidenza del Consiglio per i diritti dell'uomo Jurij Džibladze e il direttore del centro Memorial Oleg Orlov. Li conosco bene entrambi e sono sicura che abbiano assolutamente rispettato l'ordine.  Quando ormai la maggior parte dei convenuti era stata dispersa, a tratti, un po' qui e un po' là si formarono dei gruppetti che gridavano: "vergogna, vergogna". Quello che è accaduto oggi, davvero è una vergogna per le autorità moscovite come per quelle federali. Temono tanto irrazionalmente i propri cittadini che per l'urlo di una persona esasperata dal comportamento rozzo della polizia ci si può trovare arrestati e citati in giudizio. /.../ Quando mi sono districata dalla ressa, non ho fatto altro che rispondere alle telefonate dei giornalisti: "Cosa pensate, questa reazione da panico della milizia è causata dalla paura dopo l'imponente meeting di Kaliningrad?" Non penso che ciò sia una risposta ai fatti di Kaliningrad, penso che abbiano sempre avuto paura della discesa in strada dei cittadini prima e l'avranno anche dopo. Il prossimo 31 sarà a marzo. Ci sono due mesi di tempo. In questi due mesi io cercherò di convincere le autorità che non è non solo nei nostri interessi, ma anche nei loro opporsi alla nostra intenzione di riunirci in Triumfal'naja ploščad' ...

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