"Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confondere la città col discorso che la descrive. Eppure tra l'una e l'altro c'è un rapporto. Se ti descrivo Olivia, città ricca di prodotti e guadagni, per significare la sua prosperità non ho altro mezzo che parlare di palazzi di filigrana con cuscini sfrangiati ai davanzali delle bifore; oltre la grata di un patio una girandola di zampilli innaffia dove un pavone bianco fa la ruota. Ma da questo discorso tu subito comprendi come Olivia è avvolta in una nuvola di fuliggine e d'unto che s'attacca alle pareti delle case; che nelle ressa delle vie i rimorchi in manovra schiacciano i pedoni contro i muri.
/.../ Questo forse non sai: che per dire d'Olivia non potrei tenere altro discorso. Se ci fosse un'Olivia davvero di bifore e pavoni, di sellai e tessitori di tappeti e canoe e estuari, sarebbe un misero buco nero di mosche, e per descrivertelo dovrei fare ricorso alle metafore della fuliggine, dello stridere di ruote, dei gesti ripetuti, dei sarcasmi. La menzogna non è nel discorso, è nelle cose." I. Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972, pp. 68-69.
Lo sa invece molto bene Paolo Nori nelle sue guide turistiche strampalate che per parlare di una cosa o di un luogo parla sempre di altro.
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