giovedì 20 maggio 2010

Il colore del melograno (terza parte)

Una postilla ai sottotitoli italiani: assolutamente inadeguati. Capisco che tradurre poesia antica armena sia un problema e non dovrebbe essere il lavoro di chi traduce i sottotitoli, ma almeno limitarsi a una pedissequa traduzione letterale. Qui si cambia o si saltano brani interi. Anche nelle cose più semplici, che però sviano. Per esempio, l'inizio: c'è una ripetizione di un verso che in italiano è reso “L'uomo e la sua anima sono sofferenza”. In inglese invece si dice "“io sono l'uomo la cui anima è sofferenza”. Se l'immagine che scorre è questa delle spine, io nel secondo caso penso a Isaia e all'uomo dei dolori. La traduzione italiana non mi dice niente.

2 commenti:

  1. E' vero, è una traduzione molto goffa, però io mi sono subito affezionato a questi versi. E' la sofferenza anche dello Stalker di Tarkovskij, e di tutti noi quando scopriamo che cosa può nascondere la vita, e la nostra anima.
    In seguito sono anche andato a cercarmi le musiche di Sayat Nova, e qualcosa ho trovato: anche qui, l'approccio non è facile ma la musica antica di area persiana ha un grande fascino.

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  2. E' tutto un mondo che mi sfugge in effetti. Ed è davvero una mancanza enorme, visto l'impatto che la cultura persiana ha avuto sulla nostra (e sulla russa in particolare). E' una linfa che abbiamo dimenticato. Grazie (come al solito!) del consiglio, andrò a cercarmi anch'io Sayat Novat musico. :)

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