sabato 12 giugno 2010

Il riccio nella nebbia (parte III). Un post di Giulia

"Artigiano. Amo questa parola! Jury Norshtejn fa parte della schiera, senza ombra di dubbio. Come tutti i grandi artisti, pittori, scultori, registi che siano. Perché l’Arte è dettaglio e cesellamento incessante di emozioni. Cechov, Marina Cvetaeva i primi nomi che mi vengono in mente. Ma ce ne sono molti altri.
Juryj Norshtejn ama molto raccontare episodi della sua vita e della sua visione artistica.

Alcuni pensieri rimangono impressi per la chiarezza e la semplice verità che mostrano: in un’intervista all’Ermitazh spiega come l’arte non appartenga in prima istanza al livello della comprensione; un’opera d’arte non può essere mai compresa fino in fondo e non è quello il suo scopo. Si muove su altri piani, di percezioni e sensazioni che trascendono l’attività razionale. E per questo, nell’arte, si può credere a tutto.
Di ogni capolavoro di questo regista mi impressiona sempre la luce; la tecnica con cui riesce a creare ombre e inondarle poi di raggi soffusi è impressionante. Parla a questo proposito di Rembrandt e spiega la sua ricerca continua dell’esatta tonalità, del contrasto netto che veicola molti significati, non prettamente cromatici: abbandono, paura, mistero o – al contrario – tepore, piccola gioia, senso di casa. Basti pensare alla scena della stufa in Skazka skazok e al magistrale uso dei chiaroscuri che percorrono l’intera pellicola per capire di cosa stiamo parlando.
Scene dalla dacha e intervista ai vicini: “siamo amici di Jura da tanto tempo…”. Lui che prende l’acqua dal pozzo, in manica di camicia a quadri e con lo sguardo malinconico, che sempre vela i suoi occhi. È la stessa persona che ritaglia milioni di figurine di carta, dipinge, incolla, riprende? È lo stesso Maestro capace di dare vita a mondi nuovi e preziosi? È la stessa persona dall’infanzia povera e terribile, figlio delle macerie e del sangue patriota?
Osservando queste vite non posso non pensare all’uomo come a un tronco d’albero, intagliato, scheggiato, deformato dalle mille esperienze della vita. Ci sono tronchi lisci, quasi non sfiorati dalla violenta natura del mondo. Indifferenti allo scorrere delle stagioni.
E poi ci sono rami più duri ed esposti ai venti, con graffi e segni profondi sulla corteccia. Norshtejn è un albero forte e saldo, con alle spalle molte tempeste (alcune recenti, come la scomparsa del suo primo operatore cinematografico a cui era molto legato), scavato, temprato dal tempo. Eppure scorre una linfa impazzita, verde e sempre pronta a generare nuova vita e a vedere il mondo che trascolora. Come i bambini che guardano sempre da un altro punto di vista, di solito, appena sopra l’orizzonte o dall’ultima nuvola in cielo."
Giulia De Florio

L'immagine è tratta da Sneg na trave (La neve sull'erba) un'opera in due volumi che raccoglie, saggi, materiali vari e schizzi di Norštejn. Ci si può dare un'occhiata nel sito http://www.norshteyn.ru/index.php, ricco di informazioni e disponibile anche in versione inglese.

1 commento:

  1. Le strane coincidenze! Non sapevo che Giulia fosse come me in un periodo "norštejniano"!
    :)

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