mercoledì 22 dicembre 2010

Registi e potere (Michalkov, parte III)

Penso che l'assaggio sia sufficiente e non continuo con la traduzione del Manifesto michalkoviano. Solo una breve riflessione. L'appello a non frammentare la storia russa è un modo ora molto comune di manipolare la storia stessa. Come se il travagliato percorso storico russo sia l'espressione di un'unica (possibilmente grande e potente) statualità da considerarsi indipendentemente da ogni declinazione politica e ideologica. In questo modo si può con facilità fare a meno di ogni giudizio e responsabilità perché a emergere in primo piano è la real Politik dello Stato (leggi: Impero) che forgia i modi della propria sopravvivenza e del proprio sviluppo. Così Stalin diventa una tesserina in questo grande disegno, una tesserina con luci e ombre, certo, ma necessaria per l'encomiabile opera di modernizzazione del paese. Tutti condannano le atrocità del Terrore, ma...





E questo continuo, ripetuto ma viene propinato alle nuove generazioni che devono crescere con l'idea positiva di un paese potente di cui essere orgogliosi. All'inizio del Manifesto Michalkov delinea enfaticamente cinque macrotappe dell'evoluzione storica russa (Kiev! Vladimir! Mosca! Pietroburgo-Pietrogrado! Mosca!). E' tanto preciso da menzionare Vladimir e poi però accomuna in "Mosca" il periodo sovietico con quello attuale. Preoccupano le falsificazioni storiche che riesce a mettere insieme nelle prime righe. Anzi, preoccupa il colore univoco di quelle falsificazioni: il colore di un nazionalismo aggressivo e frustrato (come gli dà fastidio l'attuale configurazione dei confini russi!) che si è costruito una pomposa ideologia (la Santa Russia Ortodossa): e così nel 1914 la Russia degli zar sarebbe scesa in guerra per salvare e difendere la Serbia Ortodossa (siamo tornati al 1870 e al panslavismo) oppure dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Unione Sovietica avrebbe brillantemente sconfitto la fame (gli dirà qualcosa il termine golodomor?) o l'abbandono minorile (in realtà provocato dalla Guerra Civile e dalla reclusione/liquidazione di milioni di adulti che, tra le altre cose, erano anche genitori di minori).
Michalkov fa da gran cassa. Quest'estate, sul Don, a Vešenskaja, abbiamo visitato una mostra intitolata "Il tempo delle vittorie. 1941-1961". Questo dolorosissimo periodo era interpretato unicamente come uno slancio senza fine verso il progresso e la conquista dilatata a dimensioni cosmiche (Jurij Gagarin come giusto coronamento). Di fronte al coperchio scalcagnato della navicella di Gagarin trionfalmente esposta non erano neanche menzionati i campi di concentramento, il Terrore o il lavoro coatto che rese possibile tanta modernizzazione. A una domanda diretta sulla questione il direttore del museo rispose che è necessario che le nuove generazioni vedano nella propria storia non solo gli eventi negativi. D'accordo, ma non credo che i giovani tedeschi abbiano problemi identitari dopo essere stati adeguatamente informati sul passato della propria nazione. Dalle foto che ho fatto alla mostra risulta proprio la stessa impostazione di Michalkov. Il nastro a strisce nere e arancione è un simbolo zarista (la coccarda dell'Ordine di San Giorgio, la più alta onorificenza militare degli zar) e nelle decorazioni della sala d'esposizione si intrecciava graziosamente al nastro rosso-sovietico. Le piccole cose educano e plasmano in modo inavvertito ma efficace.
Il cartello, sullo sfondo zar-sovietico, recita: Fratelli Slavi oppressi! Sollevatevi alla santa guerra del popolo contro gli imperialisti hitleriani, nemici mortali della razza slava. Viva l'unione bellica dei popoli slavi!
Giovani costruttori del comunismo!
Avanti verso nuovi successi nel lavoro e nello studio!

2 commenti:

  1. Mi spiace che Michalkov presti il suo nome per simili propagande pericolose. E' un regista che amo molto, da "Schiava d'amore" a "Oci ciornie", "Oblomov",ecc.
    Ma nel "Sole ingannatore" non c'era una dolorosa presa di coscienza delle atrocità dello stalinismo?

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  2. Anch'io amo molti dei suoi film. Oblomov è il mio preferito. Ma mi ha appassionato anche il recente 12 (anche se qualche riserva e forse andrebbe visto insieme ad Aleksandra di Sokurov, sempre sul tema ceceno). Proprio per questo il suo mettersi al servizio di Putin fa male ed è pericoloso: lui sa manovrare immagini e parole (anche se sono rimasta stupita dalla rozzezza di 55, il documentario per il compleanno di Putin).
    E' uscito quest'anno il seguito proprio di Sole ingannatore, una mega produzione finanziata dallo Stato e criticatissima. Io non l'ho visto e quindi non posso dire niente. Sul primo Sole ingannatore, che mi era piaciuto molto a suo tempo, che dire? Nel 1994 era il momento giusto per riflettere sugli esiti della Rivoluzione.

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