domenica 19 dicembre 2010

Registi e potere (Michalkov)

Sì, il tono di Michalkov non è quello sommesso e riflessivo di Sokurov, il suo è il piglio di chi è convinto delle proprie idee e soluzioni ben strutturate. E così qualche settimana fa il nostro registra ha pubblicato il roboante manifesto del "Conservatorismo Illuminato". Alla politica russa, evidentemente, piace il vago sapore ossimorico di espressioni come queste: dopo la "democrazia sovrana" di Putin e prima di un futuro ipotizzabile "nazionalismo cosmopolita", il conservatorismo illuminato è ordinaria amministrazione. Prima di passare alle proposte per il presente e il futuro, Nikita Sergeevič disegna un quadro onnicomprensivo dell'evoluzione storica della Russia e delle sue istituzioni sociali.
Ecco allora qua alcuni stralci del manifesto che ho tradotto a tempo perso. Non ho inventato niente. Al limite sono stata un po' affrettata nella traduzione:


Pravo e pravda. Il Diritto e la Verità
Manifesto del Conservatorismo Illuminato. Nikita Michalkov. Mosca MMX

Siamo convinti che smettendo di frazionare il passato, acquisiremo il presente e ci garantiremo il futuro. Storicamente lo Stato Russo si è sviluppato seguendo un cammino millenario: dalla “Santa Rus'” alla “Grande Russia”.
Kiev! Vladimir! Mosca! Pietroburgo-Pietrogrado! Mosca!
Ecco le cinque tappe della vita della nostra Patria, del destino del Paese nostro.
Kiev è l'inizio della “Santa Rus'”. Il principe Vladimir battezzò le genti russi nella fede ortodossa in Cristo.
La “Santa Russia” è fiorita a Vladimir grazie alla sollecitudine e alle imprese del gran principe Andrej Bogoljubskij e, rafforzandosi nel corso dei secoli, è diventata il cuore del Regno di Moscovia.
A quel tempo fede e vita quotidiana si compenetravano organicamente l'una nell'altra. L'ideologia statale era inseparabile dalla visione del mondo ortodossa, dalla sinfonia di Regno e Clero. Tutta la vita nella Chiesa: ecco l'assioma di Mosca, la radice storica della concezione del mondo che è uso chiamare “ecclesiale-conservatrice”.
Le riforme di Pietro hanno estromesso la vita statale e civile russa dai recinti ecclesiali. Pietroburgo fu esibita di fronte al mondo e le parole dell'editto di Caterina divennero il suo motto: “La Russia è uno Stato europeo”. Al posto del Patriarcato venne il Sinodo. La sinfonia dei poteri si trasfigurò. Tutta la vita nello Stato: ecco l'assioma di Pietroburgo, la fonte della concezione del mondo che è uso chiamare “statal-conservatrice”.
L'Impero Russo ha ripetuto il percorso di quello bizantino. Il volere degli imperatori lo resero sempre più “Grande Russia” e “Santa Russia”. A colpi dei decreti degli autocrati vennero realizzate “le trasformazioni dello Stato”, vennero promulgare riforme politiche, economiche e giudiziarie che resero possibile “la liberazione civile”.
All'inizio del XX secolo l'opinione pubblica rivoluzionaria innalzò lo slogan “tutta la vita nella società civile” e portò la gente nelle strade di Pietroburgo. Fu l'inizio della concezione del mondo che è uso chiamare “liberal-democratica”.
Nel 1914 per difendere la Serbia ortodossa la Russia entrò nella Guerra Mondiale, che per lei finì con l'avvento della rivoluzione, causa della rovina della sua secolare monarchia.
Dopo aver vissuto la Guerra civile e l'emigrazione la Russia imperiale si trasformò nell'Unione Sovietica, la “Grande Russia senza la Santa Russia”. Tutta la vita nel partito: ecco l'assioma della Russia sovietica e il fondamento di quella ideologia che è uso chiamare “comunista”.
Da metà degli anni Venti il paese ha cominciato a lavorare e vivere “al limite delle possibilità” La vita si trasformò in una lotta per la sopravvivenza. Il popolo sovietico si sentiva costantemente circondato da nemici interni ed esterni. Il regime politico fondato sulla paura si coniugava con l'entusiasmo delle masse e un grande senso del sacrificio personale. Si dovette passare attraverso le forche caudine della collettivizzazione e dell'industralizzazione. Si sopportarono gli orrori e il dolore del Gulag.
Furono liquidati l'analfabetismo, l'abbandono minorile, il banditismo. Furono vinte la miseria, la malattia e la fame. Fu conseguita la vittoria nella Grande guerra con una grande impresa popolare e successivamente il nostro paese, che per l'ennesima volta aveva superato di slancio il disastro economico, fu il primo a conquistare il cosmo.
Tuttavia, alla fine degli anni Sessanta, dopo aver raggiunto l'acme di ciò che si sarebbe potuto raggiungere con quella data forma sovietica di Stato e con il regime socialista, il “popolo sovietico”, sulle cui spalle gravava l'incommensurabile pressione di una perenne mobilitazione, cedette. Il pathos dell'ideologia comunista e il potenziale dell'assetto statale sovietico si erano esauriti. L'esperimento bolscevico era entrato nella fase conclusiva. Nelle botteghe nascoste del “mercato dell'ammistrazione” era iniziata la smobilitazione del sistema centralizzato dello Stato e del diritto sovietico, accompagnata dalla dissoluzione dell'élite del Partito, dalla degradazione della società socialista e dal crollo del sistema di valori dell'uomo sovietico.
A metà degli anni Ottanta cominciò la perestrojka e nel 1991 l'Unione Sovietica era finita. L'ultimo atto si compì in modo veloce e deciso, come era successo anche nel 1917. Un regime che sembrava incrollabile schiantò nel giro di tre giorni d'agosto...
In quel momento non ci rendemmo conto che stavamo prendendo parte a eventi di portata mondiale. A eventi, il cui esito sarebbe stato determinante non solo per la rifondazione di un paese solo, l'Unione Sovietica, ma avrebbe condizionato la ristrutturazione politica ed economica del mondo.
E' stata una rivoluzione geopolitca.

E così noi siamo entrati nel XXI secolo come abitanti non più della “Santa Russia” e neanche della “Grande Russia”, ma del territorio della Federazione Russa. Abbiamo nuovi confini di Stato: equivalenti a quelli dell'inizio del XIX secolo sul Caucaso; a quelli della metà del XIX secolo in Asia Centrale, e ciò che per noi è ancora più drammatico, sul fronte occidentale siamo tornati al 1600, vale a dire al periodo immediatamente successivo al regno di Ivan il Terribile. Noi cittadini della Federazione Russia, abbiamo ereditato il 75% del territorio e il 51 % della popolazione. Più di 10 milioni di nostri concittadini si sono trovati fuori dai confini russi e, in sostanza, sono diventati emigranti.
Questo è stato il prezzo pagato dal popolo russo per aver ottenuto alla fine del XX secolo l'indipendenza statale e la libertà personale...
Continua


La foto viene dal sito del premier russo http://premier.gov.ru via www.gzt.ru

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