Muoio di vergogna e paura...
Ma garante mi è il vostro onore
E a esso mi affido sicura...
Queste sono le parole che Giovanni Giudici ha messo in bocca alla Tatjana dell'Eugenio Onegin puškiniano che lui ha tradotto in versi italiani. Non posso entrare nella diatriba sulle traduzioni dell'Onegin. Del "rischio", del "brivido di questo incontro impossibile" ha parlato tanto più autorevole Giovanni Raboni concludendo il suo ragionamento con una domanda e con l'esortazione a leggere quest'opera di riscrittura. Oggi voglio solo ricordare il grande poeta morto pochi giorni fa e pensare che quella chiusa di Tatjana fosse un po' anche metapoetica e che l'onore a cui lui si affidava era la sua integrità, non sufficiente tuttavia a garantirlo dal terrore, dalla vergogna che ogni atto di scrittura vera, ma anche di traduzione, sottende.
Foto da "Corriere della sera"
grazia candi,
RispondiEliminail tuo post ha risvegliato un ricordo di un "Oneghin" teatrale al Teatro Arsenale (teatro bellissimo e senza fronzoli, tra l'altro), che ho visto 2 volte (bei tempi......).
Leggo di sicuro questa traduzione, ma capirò?
Ciao Ale, non avevo visto quell'Onegin dell'Arsenale. Acci.
RispondiEliminaPer la traduzione di Giudici, non sono sicura che sia il miglior modo per accostarsi al testo di Puškin. Forse io inizierei dal più neutro Lo Gatto (mi pare si trovi anche online) e poi a voler osare, mi concederei di rileggerlo nella traduzione di Pia Pera (tende a modernizzare un po' troppo, ma con Puškin ha una sua logica).
Ecco qua, non volevo promunciarmi, non sono neanche una specialista di Puškin e adesso spero che nessun slavista legga (la diatriba è davvero infuocata, Giuseppe Ghini ha scritto un libro su "Tradurre Puškin")! :)
Posso dire che in francese c'è una traduzione SUPERBA: André Markowicz.
Ahi ahi, Candida, post a doppio taglio... tanto ho ammirato e letto il Giudici poeta quanto poco mi piacque la sua traduzione, come avemmo già modo di dire una volta. A partire da quel metro infelicissimo, un novenario (mi pare) che salva l'apparenza puramente numerica dell'originale ma non ne rispetta la storia.
RispondiEliminaE' vero che, rispetto ad altri e più avveduti lettori, il mio russo è sempre stato manchevole; ma ogni volta rileggendo questo Onegin di Giudici provo la stessa sensazione di straniamento che si ha leggendo i doppi settenari che traducono l'alexandrin baudelairiano. Sensazione che forse il lettore russo non ha.
Confermo per Markowicz, assolutamente: al di là dell'attenzione al numero, il suo Onegin possiede una preziosa e piana levità, e pare non incartarsi mai, come Giudici, nelle costrizioni di una struttura straniera.
Massimiliano
Eh già Massimilaino, non volevo criticare Giudici proprio ricordandolo. Anche a me piace come poeta, l'ho scoperto tardi proprio perché avevo letto prima la traduzione dell'Onegin. Concordo con la sensazione di straniamento, Forse c'entra il fatto che lui in realtà non sapeva il russo (mi pare almeno).
RispondiEliminaSì, in un intervento su una miscellanea curata da Franco Buffoni raccontava di un suo soggiorno di un mese, per ragioni di lavoro, a Mosca, durante il quale approfondì i primi rudimenti di russo. Peraltro non ha mai nascosto di lavorare in coppia con Spendel, da cui si faceva guidare a livello grammaticale, riservando per sé il lavoro sul testo d'arrivo.
RispondiEliminaMa questo è pur sempre un post in memoriam: allora, se proprio non si potrà dir benissimo del suo Onegin, si spezzi una lancia sulle sue traduzioni dall'inglese, apparse per Einaudi in "Addio proibito piangere", nell'ambito di una bellissima serie di traduzioni d'autore (oltre a Giudici, "Il violinista di Saint Merry" di Sereni, "Il ladro di ciliegie" di Fortini, "La cordigliera delle Ande" di Luzi, nonché il postumo "Quaderno di traduzioni" di Caproni) . Per quel che posso capirne di inglese, mi parvero ottime.
Massimiliano
e noi quando? ;)
RispondiEliminaScusate l'intrusione, ho sentito il nome di Markowicz e il collegamento è stata immediato (e letterale): http://www.youtube.com/watch?v=pCd6sBPUoDs.
RispondiEliminaGrazie a Candida per avermelo segnalato.
Ho iniziato a rivederlo e...sono arrivata alla fine. Ho rivisto un genio al lavoro. E mi è servito per ricordarmi per l'ennesima volta quanto sia impossibile e meraviglioso questo mestiere.
Julia