Il 23 febbraio in Russia è la festa del Difensore della Patria.
Continua la manipolazione tendenziosa della storia e la nuova Russia non è da meno della propaganda sovietica. In periodo sovietico il 23 febbraio era il giorno glorioso dedicato alla gloriosa Armata Rossa. Oggi la festa ha perso il suo smalto, ha cambiato nome, poiché la retorica del patriottismo si risveglia soprattutto per il 9 maggio in primavera come le marmotte e questa giornata si trascina in tono minore, spesso ricilandosi come "festa degli uomini" da contrapporsi al sentitissimo 8 marzo (come se, tutto sommato, la difesa della patria sia sempre un questione da maschi).
Ma da dove sbuca questa data, il 23 febbraio? Essa ricorderebbe alcune mirabolanti vittorie della neonata Armata Rossa in risposta a un'offensiva tedesca a Narva e vicino a Pskov, proprio mentre Lenin e compagni stavano trattando la pace di Brest-Litovsk e, quindi, l'uscita della Russia dalla guerra (uscita ignominosa a detta dei più ed estremamente sfavorevole per la Russia*, ma può essere un'uscita da un guerra più ignominosa della guerra stessa?).
Questo è ciò che è sempre stato detto e ripetuto per decenni.
Ma sembra che non sia così. Come racconta il professore Sergej Volkov, sembra che non ci siano state in quei luoghi operazioni di guerra importanti e che nessuna vittoria gloriosa abbia inaugurato l'album d'onore dei nuovi soldati sovietici. L'Armata Rossa stessa in quei giorni non era ancora stata organizzata, sul luogo vi erano delle divisioni della Guardia Rossa, in particolare i marinai dell'ufficiale Dybenko che non brillarono per valor militare e che subirono una brutta sconfitta presso Pskov, mentre a Narva furono protagonisti di una poco onorevole ritirata.
Ma sembra che non sia così. Come racconta il professore Sergej Volkov, sembra che non ci siano state in quei luoghi operazioni di guerra importanti e che nessuna vittoria gloriosa abbia inaugurato l'album d'onore dei nuovi soldati sovietici. L'Armata Rossa stessa in quei giorni non era ancora stata organizzata, sul luogo vi erano delle divisioni della Guardia Rossa, in particolare i marinai dell'ufficiale Dybenko che non brillarono per valor militare e che subirono una brutta sconfitta presso Pskov, mentre a Narva furono protagonisti di una poco onorevole ritirata.
La data del 23 febbraio dunque fin dall'inizio fu "casuale" (la definizione, del 1933, fu pronunciata dallo stesso Vorošilov, il ministro della Difesa di Stalin) e si fissò per una serie di malintesi non più emendabili dopo che Stalin in persona ebbe canonizzato il mito delle vittorie di febbraio nel 1938, quando la festa e la retorica della vittoria sulla Germania servivano a fomentare il sentimento antitedesco in seguito al cambio di politica nei confronti di quel paese dopo un decennio di buoni rapporti.
Quello che stupisce è che la Russia postsovietica si sia sentita in dovere di perpetuare la falsificazione e il mito stalinista. Hanno cambiato il nome però, accentuando il lato nazionalistico della faccenda con quella dicitura "Il difensore della Patria",Otečestvo, termine che inizialmente non apparteneva al lessico internazionalista dei primi anni sovietici.
E, invece, una Russia consapevole e fedele nell'esercizio della memoria avrebbe dovuto ricordare proprio il 23 febbraio, segnando con lutto e partecipazione l'inizio del Terrore Rosso. Sempre nel 1918 quel giorno il plenipotenziario del Comitato Centrale del Partito operaio socialdemocratico russo (dei bolscevichi) di Sebastopoli, Jurij P. Gaven, che aveva fatto arrestare tutti gli ufficiali della flotta del Mar Nero, alla notizia di un attacco tedesco alla Russia, li fece giustiziare insieme a tutti gli uomini politici non bolscevichi o comunque a tutte le persone sospettate di scarsa lealtà nei confronti del nuovo potere (circa 1000 persone). I cadaveri furono gettati nella baia di Sebastopoli e in seguito Gaven si prese la responsabilità della strage e l'onore di aver dato inizio al Terrore Rosso.
Ma si sa, la storia patria si fa con ingredienti leggeri che possono piacere ai più (votanti), quelli indigesti si buttano via.
* Tra le altre cose, le condizioni del trattato causarono alla Russia la perdita del 26% della popolazione, del 27% della superficie arabile, 32% del raccolto medio, 26% della rete ferroviaria, 33% dell'industria, il 73% della produzione delle miniere di ferro e il 75% di quelle di carbone. Leggendo le memorie e gli interventi del tempo, colpisce che la pace di Brest-Litovsk ebbe un impatto molto più forte della rivoluzione bolscevica stessa, percepita allora come una tappa transitoria e non duratura. Il trattato fu considerato un compenso ai tedeschi per aver aiutato Lenin a tornare in Russia.
Fonti: www.memorialitalia.it; "novaja gazeta"
Le immagini non sono paccottiglia sovietica ma quadri, "Patria-figlia" e "La giusta marcia" di un pittore contemporaneo, vincitore del premio Kandinskij 2008: Aleksej Belaev-Gintovt.
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