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giovedì 2 maggio 2013

Ancora soggetti ferroviari

 
Soggetti ferroviari 3
Prima classe

Complici le accattivanti offerte delle Frecce, oggi ho viaggiato su quei ingombranti poltrononi della prima classe. E mai, mai in decenni di pendolarismo compulsivo mi era capitato di trovare un compagno di viaggio tanto cafone, arrogante e aggressivo. Nell'eterogeneo mondo dei regionali ho incontrato molti cafoni (anche per differenti percezioni dell'etichetta dovute a provenienze culturali lontane), qualche arrogante, rarissimi aggressivi; ma mai la rozza combinazione dei tre in un unico essere con più telefonini che mani. Che le ferrovie facciano una selezione al contrario?


Soggetti ferroviari 4
Una montagna d'amore

Ormai se vedo un tizio che parla da solo, sto tranquilla, non mi stupisco, non mi volto guardinga in cerca d'aiuto. So che sta al telefono e che magari la sua fiamma lontana immagina benissimo il suo gesticolare esuberante anche senza vederlo. E così oggi, sul binario, a Lambrate, passeggio su e giù, giù e su, aspettando il mio terzo treno tutta felice che le coincidenze questa volta sono coincise. Che coincidenza, davvero, è il fato, il caso che dobbiamo ringraziare. Passeggio e non mi preoccupo del ragazzo sdraiato su una panchina un po' in disparte che sta quasi urlando con una rabbia appena trattenuta e solo lievemente cadenzata. Strano. Ci ripasso e noto che non ha fili a penzoloni dalle orecchie. Che sia un ipertecnologico con qualche nuovo aggeggio wireless? Strano. Da com'è vestito lo direi più un alternativo che un ipertecnologico, ma l'abito non fa il monaco, si sa. Ma quando insieme alle poche gocce della pioggerellina di primavera mi arriva qualche sue parola, capisco: "Una montagna/ Una montagna d'amore". Non c'è nessun telefono, sta declamando tra sé e sé una poesia.


giovedì 25 aprile 2013

Soggetti ferroviari 2: Nuovo lume di vita civile


Arrivo ad Astapovo Brianza alle cinque, del pomeriggio questa volta. La primavera è scoppiata improvvisa, il sole scotta e ci sono nuovi fiori tra i cespugli incolti. Dopo l'energica camminata per arrivare fin qui non mi va di stare al sole, c'è troppo caldo. Ma la stazione è chiusa da anni, non c'è più niente: tutto sbarrato, niente sala d'aspetto, niente biglietterie, non un filo di ombra, anche le obliteratrici sono divelte. Me l'aveva detto l'altro giorno un controllore dell'Eurostar: trenitalia è come la mutua, mangia quella sbobba e sta zitto. Le frecce sono il privato: il cliente paga e viene soddisfatto. Lì per lì non avevo tempo di sollevare perplessità sulla quella millantata quanto dubbia soddisfazione: stavo discutendo perché non volevo pagare il biglietto della freccia su cui ero salita abusiva, visto che il mio interregionale (no, nome cambiato: regionale veloce sic! anzi sigh!) era annunciato con 50 minuti di ritardo. Ma non avevo più diritto di salire sulla freccia, perché io ero un cliente della mutua. Da esserne fieri: mio padre tutta la vita è stato orgoglioso di essere un competente e appassionato medico della mutua.


martedì 23 aprile 2013

Soggetti ferroviari 1: Riconoscenza di popolo

 
Lungi da me indulgere in irriverenti paragoni, ma come in un romanzo russo dell'Ottocento anche il mio tran tran quotidiano si fa faticosamente strada tra l'odore leggermente rugginoso delle "guide di ferro".
E così, alle 5.44 di mattina, mi può capitare di trovarmi a rabbrividire in una brianzola Astapovo, accanto a radi compagni di viaggio multicolore, un po' stupiti dei miei libri e del mio aspetto. Gli italiani di solito preferiscono dormire o prendere la macchina. Basta un sorriso per iniziare a fare due chiacchiere, magari sull'Idiota, come mi è capitato qualche tempo fa. Ma di solito tutti preferiscono sonnecchiare e prolungare il limbo del sonno.
La ferrovia così mi lega a spazi lontani, non con i binari e il suo dondolante movimento, ma fin dentro lo spazio ristretto del vagone: è uno dei luoghi più democratici e cosmopoliti, il mio Besanino, tutto nuovo e lustro ma senza divisioni di classi o di "ambienti": nessun smart o executive a separare.
Viaggio anche nel tempo e con gli occhi chiusi mi immagino il giovane Emilio. Appena finita la guerra era balzato baldanzoso sul treno della ricostruzione e a Milano aveva trovato lavoro alla Stipel. Penzolava tutto il giorno da pali telegrafici in mezzo alle macerie e sono sicura che alla sera il treno l'avrà preso per un filo, tanto era abituato a penzolare. Sembrava intendere alla lettera il pendolare e così viaggiava spesso aggrappato alla fine del treno o con le gambe a penzoloni. Sempre di corsa per arrivare dappertutto. Quanto ci metteva, allora, il trenino? Meno che adesso probabilmente, ma di certo non c'era la presa per il telefonino e per il computer.

giovedì 14 marzo 2013

Francesco vescovo di Roma

A caldo, da assoluta profana, si impone quel suo dirsi vescovo di Roma e mai papa. Quel "incominciamo questo cammino, vescovo e popolo. Il cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese, preghiamo sempre per noi l'uno per l'altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza".
E' un annuncio di primavera nel rapporto tra le Chiese? Un buon auspicio di unità?

PS ho fatto la foto a Vitebsk, Bielorussia, dove le chiese, a seconda degli andirivieni della Storia, cambiavano confessione e paramenti, passavano da cattoliche e ortodosse e poi ancora cattoliche ecc...

mercoledì 23 novembre 2011

Ancora sull'università, la CRUI e la Confindustria

Un articolo del Sole 24 ore del 21 novembre sembra rispondere al mio post sul documento sottoscritto da CRUI e Confindustria. Devo dire che leggendolo mi sono sentita un dinosauro, una specie di relitto o magari esponente di una lobby chiusa in se stessa che teme di essere scalzata via...
Così deve apparire quel post all'autore dell'articolo. Così io non mi sento naturalmente. Ma penso sia interessante proporre anche questo punto di vista così diverso dal mio.

sabato 19 novembre 2011

L'accordo CRUI e Confindustria

Qualche giorno fa la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha siglato un accordo con Confindustria. Otto mosse (anzi no! "otto azioni MISURABILI") per rilanciare l'università e promuoverne l'impatto sul mondo del lavoro.
Non è certo una novità: ogni tanto arrivano questi protocolli, puntuali a rilanciare la solita profusione delle solite parole, governance, mobilità, internazionalizzazione ecc. In questo, tuttavia, colgo un tono nuovo. Prima Confindustria promuoveva borse, offriva incentivi, si impegnava nella creazione di progetti di ricerca o di laboratori finanziati da capitali pubblici e privati. Ora sembra intervenire nel cuore dei meccanismi che regolano il mondo accademico. Non come un organismo esterno che legittimamente si relaziona a un altro organismo, ma quasi dall'interno essa prova a dire la sua su questioni che mai prima d'ora l'Università aveva delegato al suo esterno.  Il primo punto, ad esempio, (ed è interessante che sia il I punto, se fosse una poesia direi agli studenti, guardate, attenzione, è in posizione forte!) si intitola "Orientamento verso le lauree tecnico-scientifiche". Certo, sono punta nel vivo, sono probabilmente esponente di una vetusta lobby di umanisti ammuffiti e obsoleti, ma mi fa specie che in modo automatico si consideri interesse nazionale quello che è (naturalmente e giustamente) interesse di Confindustria. Senza un dibattito, come fosse un assioma.
Confindustria vuole osservare ben da vicino il mondo accademico, anzi monitorarlo. Sarà ancora una questione di parole, ma mi disturba il fatto che monitoraggio (della riforma, della governance, del RECLUTAMENTO) ricorra tanto nelle nove paginette del documento. Perché la Confindustria dovrebbe monitorare il mondo accademico e non viceversa allora? Di quale tutela stiamo parlando? Del denaro sul sapere?Non sarebbe meglio l'inverso? 
E a proposito del delicato problema del reclutamento riporto sotto quello che scrivono rettori e industriali. Com'è che l'Università ha bisogno della "collaborazione" (sarà un eufemismo?) della Confindustria per determinare la qualità dei suoi ricercatori e dei suoi docenti? La comunità dei docenti non ha i mezzi scientifici e intellettuali per farlo? In una situazione normale è l'università che presta alla società il suo sapere e il suo know-how. Ah già, dimenticavo: la riforma Gelmini ha escluso i ricercatori e i professori associati dal meccanismo del reclutamento e quindi i poveri ordinari sono in pochi, sono soli (e perfino troppo anziani) e non ce la fanno a portare a compimento questo gravoso compito. Ma d'altra parte si tratta solo di  MISURARE, ormai esistono gli indici bibliometrici, è tutto meccanicizzato, potrebbero benissimo cavarsela da soli...

Ecco il VI punto del documento
"6. Monitoraggio della Riforma: reclutamento 
 Obiettivo: anche in considerazione del fatto che nei prossimi anni si realizzerà un notevole ricambio del corpo docente delle Università italiane, innescare un processo di miglioramento dell’Università e offrire all’ANVUR collaborazione per individuare metodi di riconoscimento della qualità dei ricercatori e dei docenti.  
 Strumento: 
- Monitorare gli effetti sui singoli Atenei del salto di qualità che verrà innescato nel processo valutativo dai nuovi criteri per l’abilitazione scientifica adottati dall’ANVUR e dalle politiche di reclutamento."
 La sottolineatura è mia. L'ANVUR per i fortunati che non lo sapessero è la nuova agenzia di valutazione creata dalla riforma Gelmini.
E con questo non vuol dire che sia contraria a forme di collaborazione, intesa, progettazione combinata, anzi...

lunedì 10 ottobre 2011

L'industria dell'intrattenimento secondo Čechov

Anton Čechov (ritratto di Levitan 1884-1885)
"Non so come sarà tra cinquanta, cento anni, ma alle attuali condizioni il teatro può servire solo da svago. Si tratta, però, di uno svago troppo caro perché si possa continuare a goderne. Sottrae allo Stato migliaia di giovani uomini e donne sani e di talento che, se non si dedicassero al teatro, potrebbero essere buoni medici, agricoltori, insegnanti, ufficiali; sottrae al pubblico le ore serali: il momento migliore per il lavoro intellettuale e le conversazioni fra colleghi. Non parlo poi dello spreco del denaro e delle perdite morali che accusa lo spettatore quando vede in scena l'omicidio, l'adulterio o la calunnia affrontati in modo improprio."
A.P. Čechov, Una storia noiosa, trad. di Bruno Osimo, Mondadori, Milano 1996 p. 311.

Il ritratto viene dal sito http://apchekhov.ru/

giovedì 5 maggio 2011

Lie to me

Jay Carey, portavoce della Casa Bianca "aggiorna" la versione sul blitz di domenica scorsa
E io che pensavo che il mitico dottor Lightman fosse una specie di stregone che non avesse niente a che fare con la realtà!

lunedì 25 aprile 2011

Venticinque anni da Černobyl'. Glasnost' negata oggi come ieri

E' curioso che nell'epoca delle statistiche e dei sondaggi non abbiamo a disposizione un registro e una contabilità oggettiva delle conseguenze del disastro di venticinque anni fa.
A suo tempo, l'avevamo imputato alla tirannia opaca di un regime dittatoriale. Ma viene il dubbio che la nostra società delle libertà (è pericoloso quando un sostantivo singolare e unico diventa plurale, perfino il Paradiso si frantuma nell'orrore dei paradisi artificiali) sia altrettanto lontana dalla glasnost'.
E' sotto ai nostri occhi come è stata gestita l'informazione su Fukushima. Il (sedicente) Forum Nucleare Italiano che si prefigge di promuovere una discussione serena a venticinque anni da Černobyl' non si degna di ricordare l'anniversario. Anzi, è sparito l'articolo di qualche tempo fa in cui vergognosamente si minimizzavano gli effetti della catastrofe. Forse dopo Fukushima si sono accorti che le loro tesi non erano più plausibili e che la gente, diventata più sensibile, potesse essere meno manipolabile? Ne avevo parlato il 3 marzo e, stranamente, anche la pagina del loro sito che avevo linkato non esiste più, o meglio rimanda a tutt'altro. Rimane la sgradevole sensazione di essere bersaglio di una strategia di propaganda e non partecipi di una libera discussione.
Infine varie notizie si possono spulciare su stampa e media, ma solo se si cerca bene. A Černobyl' le cose non sono risolte e non solo a causa della contaminazione che, si sa, durerà ancora moltissimo, ma perché il IV  reattore continua a lavorare sotto il sarcofago minato da falle e i progetti faraonici del governo ucraino (un nuovo supersarcofago tutto esterno) necessitano almeno di duecento milioni di euro per partire (il Giappone era tra i più generosi donatori e ora si suppone che dovrà dolorosamente tirarsi indietro).
Infine, dalla Bielorussia, altro bel esempio di regime, arriva la notizia (fonte BBC) che nelle zone contaminate si produce carne. Il governo (proprio degno di fiducia) ha decretato che non ci sono più pericoli. Certo, tanto sono bielorussi o russi o ucraini o chissà dove andrà a finire quella carne...
Appunto. Chissà dove. 
Per riflettere la documentazione di Mondo in cammino e un piccolo stralcio dal "Manifesto" di ieri.
PS aggiornamento del 26 aprile: ieri sul Forum Nucleare Italiano non c'era niente su Černobyl'. Oggi, giorno preciso dell'anniversario, con data 23 aprile, è magicamente apparso un ridicolo (non so come definirlo altrimenti) articolo in cui si descrive come la Zona della centrale sia diventata un paradiso ecologico per linci e cinghiali, una sorta di riserva protetta per flora e fauna. W il WWF!

domenica 17 aprile 2011

L'uomo dei dolori

Interessante che alla domenica delle Palme, il giorno in cui si ricorda l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme la liturgia ambrosiana faccia leggere una prima lettura dolorosa come Isaia 53. Ascoltandola non ho potuto non pensare agli uomini braccati e scacciati di Lampedusa e al corpo senza vita di Arrigoni. Forse ci ha pensato anche il nostro Cardinale, parlando nella sua omelia in Duomo. Riporto 4 versetti (2-5)  di Isaia e li sottolineo a modo mio.
"Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.  Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti"
Tutti evitiamo di guardare quello che non ci piace, è normale, come è normale cercare di attutire la coscienza che il destino di quei disperati c'entra in qualche modo anche con il nostro modo di vivere. E Tettamanzi, mi pare di capire, lo ha detto chiaro oggi, secondo quel che riporta il Corriere: "E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?"

martedì 12 aprile 2011

Lampedusa e il 12 aprile di Gagarin



A suo tempo (ma anche ai giorni nostri) la retorica della conquista dello spazio (12 aprile 1961, il giro di Gagarin intorno alla terra) ha coperto le bugie e le falle di un regime illiberale. Oggi per coprire le nostre falle e la colpa che prima o poi dovremo riconoscerci come nazione (il canale di Sicilia pieno di morti, i poveri braccati come cani sulla nostra terra) non è nemmeno necessario dare in pasto al popolo un sogno e una grande impresa. Bastano pochi scampoli di evasione a buon mercato.
Una canzone di Francis Cabrel (African Tour) per ricordare.

lunedì 11 aprile 2011

Elena sul convegno Vojna i mir di Mondo in cammino


In attesa del referendum del 12 giugno, si può riflettere sulle interessanti informazioni che sono state date sabato durante il convegno organizzato da “Mondo in cammino” a Carmagnola. In realtà non si è parlato solo del nucleare: il convegno, intitolato Vojna i mir, ha dato ampio spazio anche alle esperienze di persone legate tragicamente alla guerra e alla violenza (Arkadij Babčenko, Dmitrij Florin, Ella Kisaeva). Ascoltare le testimonianze di queste persone, ma soprattutto vedere il loro sguardo nel raccontare, è stata l’ennesima prova di come la guerra distrugga l’uomo, non solo quello che in guerra muore, ma anche quello che da essa ritorna (solo col corpo, sottolinea Babčenko, l’anima rimane là). Tanti spunti di riflessione, dunque, alcuni forse difficili da raccontare e riportare.
Tornando al nucleare, la prima notizia sconvolgente è quella riportata da Massimo Bonfatti, il fondatore e presidente di “Mondo in cammino”: dal 1958 esiste un accordo fra OMS e IAEA (International Atomic Energy Agency) secondo il quale tutti i dati relativi agli incidenti nucleari possono essere censurati. Certo, l’accordo è stato fatto più di cinquant’anni fa, quando ancora il nucleare civile era agli albori (la prima centrale nucleare commerciale fu quella di Calder Hall, costruita in Inghilterra nel 1956). Una vocetta maligna maligna, che mi accompagna sempre, si chiede come mai questo accordo non sia stato revocato: non ci è stato detto che le centrali ormai sono sicure, che la tecnologia è progredita, che il nucleare di quarta generazione non avrà problemi? E allora perché censurare i dati relativi agli incidenti?
Una risposta sembra darla Angelo Baracca, professore di fisica all’Università di Firenze, che sottolinea come la tecnologia nucleare civile, a differenza di quella militare, non abbia in realtà fatto grandi progressi e sia rimasta simile a quella degli anni Cinquanta. Abbiamo aggiunto qualche fiocco e qualche nastro al pacchetto, ma il regalo all’interno è rimasto lo stesso. La tecnologia è rimasta cara e piena di problemi. E a proposito di problemi, il nostro governo sembra intenzionato ad acquistare dalla Francia i prossimi reattori nucleari, facendo così un bel regalo ai cugini francesi. Peccato che questi reattori abbiano presentato già in Finlandia enormi problemi nella realizzazione e una lievitazione abnorme dei costi (il reattore finlandese doveva essere pronto per il 2011: sarà forse pronto per il 2013 e il suo costo è raddoppiato). E non è un caso che la Francia non riesca a vendere questo tipo di tecnologia, che noi saremmo invece così pronti e felici di comprare. Vocetta maligna maligna (d’ora in poi VMM), taci! Le cose sono già chiare così, senza il tuo intervento…
E sempre a proposito della Francia: delle 58 centrali francesi, 34 hanno problemi nei sistemi di sicurezza. Il dato è a dir poco inquietante, anche perché non stiamo parlando di un paese arretrato o allo sbando (questa è infatti di solito l’obiezione quando si ricorda Černobyl’: tecnologia vecchia, poco controllo). Oltre le Alpi abbiamo bombe a orologeria: non per essere catastrofisti, ma, se succedesse qualcosa, non avremmo neanche il tempo di proteggerci (VMM: “Anche perché nessuno darebbe l’annuncio in tempo, lascerebbero passare qualche giorno, tentando di coprire l’incidente”).
Anche ammettendo, poi, che gli incidenti possano essere del tutto esclusi, rimane sempre il problema delle scorie: il plutonio impiega 24.000 anni per essere smaltito. E per quanto io aspiri a una vita lunga e la medicina mi possa aiutare, temo di non riuscire a vedere il momento in cui queste scorie non saranno più pericolose (o perlomeno, non credo che a 24.000 anni la mia testa sarà ancora in grado di ragionare, fa già fatica adesso). In meno di cento anni abbiamo creato qualcosa che continuerà a far danni per secoli e secoli. Sarebbe forse il caso di smettere, lo dice anche, fra le lacrime, la mia VMM.

Elena Freda Piredda

mercoledì 16 marzo 2011

Qualche dubbio sull'anno russo-italiano

Pubblico qui sotto un articolo uscito qualche giorno fa su "Avvenire" (10 marzo 2011). Mi era sfuggito, la segnalazione è del signor Enrico (grazie!). Lo so che è facile giudicare dalla propria poltrona. Ma anch'io avanzo qualche dubbio sull'organizzazione e sulla mancanza di un progetto pensato dei cosiddetti grandi eventi strombazzati dal ministero dei beni culturali. A ben guardare l'interminabile lista delle iniziative, si evince tanta improvvisazione (a tutt'oggi, anno trascorso per un quarto quasi, a volte manca la controparte italiana di molti eventi annunciati, altre gli eventi vengono gestiti - qui in Italia - da agenzie governative russe?!). Questa riflessione di Simoncelli sulla trascuratezza e la mancanza di senso storico mi trova concorde e completa quello che ho già detto qui. Un'occasione mancata?

lunedì 28 febbraio 2011

Lo spot del Forum Nucleare Italiano

Ho già parlato di questo spot diffuso in modo martellante a dicembre. Ora è stato dichiarato ingannevole dall'autorità competente. Una notizia ben poco diffusa (Il fatto quotidiano, Greenpeace...) che dimostra come l'argomento sia viziato da interessi che sporcano l'onestà della discussione. Ripeto, io mi sento in balia di chi ne sa più di me sulla questione e per questo mi innervosisce e allarma la faziosità con cui un argomento così delicato è trattato. Non sono bellicosamente contro il nucleare, ma ho tante perplessità. In particolare sulla trasparenza e sulle condizioni con cui il nucleare potrebbe essere amministrato in Italia con il suo tessuto sociale tanto inquinato da interessi oscuri. Ora il Forum Nucleare ha modificato lo spot e lo rimanderà in giro. Qui potete vedere la nuova versione e anche leggere sul Sussidiario le loro motivazioni che a me, personalmente, non convincono, nonostante la potenza comunicativa di Chicco Testa.  Qui 10 minuti di video in cui Testa parla della questione e se la prende con i blogger (una massa di emotivi irrazionali che sa solo dire di no). Varrebbe la pena esercitarci con qualche strumento della retorica.

sabato 19 febbraio 2011

Fiat . In Russia il maglioncino non basta

Evidentemente l'anno russo-italiano degli affari non inizia molto bene. Che non ci convenga puntare anche su altro? Che si mangi anche con la cultura? Riporto questo articolo dal Manifesto di oggi con qualche taglio.
"Francesco Paternò
La campagna di Russia della Fiat di Sergio Marchionne è finita con una disfatta. La lettera d’intenti firmata nel febbraio dell’anno scorso con Sollers, secondo costruttore di auto del paese, holding che controlla parti di
diverse compagnie, fra cui la Uaz e la Zmz, è stata strappata. Il consiglio di amministrazione della Fiat, riunito ieri mattina a Torino, ha passato la mano, approvando il bilancio 2010 e i dividendi per gli azionisti. Poche ore dopo, si è capito il perché: i russi hanno scelto la Ford quale nuovo partner di un’alleanza per la produzione, distribuzione e vendita di modelli del costruttore americano. /.../
Lo smacco russo di fatto indebolisce la strategia di Marchionne, che a oriente del Lingotto perde un’occasione di crescita su un mercato in forte espansione, per di più essendo ancora fuori dalla Cina e con grandi problemi in India nell’accordo esistente con Tata.

giovedì 17 febbraio 2011

L'anno Italia-Russia

Il 2010 in Francia è stato l'anno della Russia e in Russia quello della Francia. Con l'arrivo imminente di Medvedev a Roma si apre l'anno della Russia in Italia, mentre in Russia condivideremo questo onore con la Spagna (niente anno tutto per noi, dunque!).
Medvedev parlerà di cultura ma soprattutto, immagino, di affari e questioni militari: l'accordo riguardo al transito nello spazio russo di carichi destinati all'Afghanistan e la questione dei Super-Jet 100 (una produzione in parte anche italiana) che l'Alitalia avrebbe dovuto comprare dalla Russia ma che aveva poi rifiutato per la mancanza di certificazione europea. Da un paio di settimane la certificazione c'è e quindi forse l'affare si farà. Medvedev farà una puntatina anche in Vaticano anche perché è da poco che Federazione russa e Vaticano hanno stabilito relazioni diplomatiche a tutti gli effetti. La nuovissima ambasciata russa in Vaticano aspetta la prima visita del suo padrone. La Russia si è impegnata con il Vaticano a sostenere l'Italia nel suo ricorso contro la sentenza europea nel caso Soile Lautsi (il crocifisso nelle aule scolastiche). Devo dire che mi fa specie vedere le origini cristiane dell'Europa difese dal governo russo come del resto da sgangherati simil pagani stile Bossi. E' una compagnia che mi sembra pericolosamente strumentale. Se Cesare si occupasse delle cose di Cesare...
Bando alla ciance, l'anno russo qualcosa di bello ci riserverà. La mostra di Dejneka a Roma, la fiera del libro di Torino con un bel programma russofilo... Cercherò di seguirne le tracce, ma voi venticinque lettori aiutatemi, segnalate...

sabato 8 gennaio 2011

Cosa significa forum?

Devoto Oli: riunione pubblica per discutere problemi di grande rilevanza, spec. sociali, politici, culturali.
La parola mi sembra escludere il significato di "pubblicità martellante, faziosa, senza alcun reale contraddittorio". La questione del nucleare è spinosa. Lo so. E' facile che da ogni parte sia affrontata in modo demagogico e manipolatorio. Ma mi indigna la campagna del sedicente Forum Nucleare Italiano così squilibrata e rozzamente faziosa. Non è così che si aiuta una discussione serena e informata.
Così pubblico questo controspot di Paolo "Neupaul" Palmacci.

giovedì 18 novembre 2010

Scrittori in carcere

"Il carcere è in sostanza limitazione di spazio compensata da eccesso di tempo: per un detenuto queste due caratteristiche sono palpabili. Non c'è da sorprendersi se tale rapporto – che riecheggia la situazione dell'uomo nell'universo – ha reso la carcerazione una metafora integrale della metafisica cristiana come anche quasi la levatrice della letteratura. Per quanto riguarda la letteratura ciò è logico, in un certo senso, dato che essa è in primo luogo una traduzione delle verità metafisiche in un determinato linguaggio. Tale traduzione può essere conseguita ovviamente anche senza carcerazione, e forse con maggior precisione. Da Paolo in poi, però, la tradizione cristiana con notevole costanza ha fatto riferimento alla carcerazione quale mezzo di trasporto epifanico. Ora, come questo libro sta per dimostrare, le culture e le letterature fondate su credi e principi (se mi passate la parola) diversi da quelli della cristianità stanno facendo del loro meglio per guadagnare il terreno perduto rispetto al loro grande antenato – o, come nel caso della Cina, discendente -senza dubbio sperando di produrre così i propri Villon e Dostoevskij" (dalla introduzione di Josif Brodskij a Scrittori dal carcere. Antologia Pen di testimonianze edite e inediteFeltrinelli, Milano 1996).

Il 15 novembre il Pen Club ha  commemorato il 50° anno dalla creazione del Comitato per gli Scrittori in Carcere ( WiPC) con una serie di iniziative volte a richiamare l'attenzione sui rischi che corre nel mondo la libertà di stampa. Qui si trovano le informazioni sui 50 casi scelti come emblematici. Uno per anno. Anna Politskovskaja sta nel 2006, invece Natal'ja Estemirova era stata scelta nel 2009 per rappresentare l'Europa in questa Expo universale del disumano. Come dimostra il libro introdotto da Brodskij (simbolo dell'anno 1963) purtroppo nel "secolo breve" la scrittura in prigione è diventata un genere letterario sempre più consolidato, dopo che già i soliti grandi ci si erano cimentati in vario modo nell'Ottocento. Il Pen ci ricorda altra statistiche agghiaccianti dei nostri giorni: dall'ultimo anniversario, il 15 novembre 2009 nel modo sono stati uccisi 41 scrittori.



mercoledì 27 ottobre 2010

La "statistica muta" grida a gran voce


"Vediamo coloro che vanno al mercato a fare compere, mangiano di giorno, dormono di notte, dicono sciocchezze, si sposano, invecchiano, trascinano placidi i loro morti al cimitero; ma non vediamo né sentiamo quelli che soffrono, e ciò che  è terribile nella vita rimane chissà dove dietro le quinte. E' tutto tranquillo, calmo e a protestare è solo la statistica muta: il tal numero è uscito di senno, tot alcol è stato consumato, tanti bambini sono morti di denutrizione... Ed evidentemente questo stato di cose è necessario; la persona felice si sente bene solo perché gli infelici portano il loro fardello in silenzio, e senza quel silenzio la felicità sarebbe impossibile. E' un'ipnosi generale..." A. Čechov, L'uva spina, in Polnoe sobranie sočinenij (Opera omnia), Nauka, Moskva 1977, vol. X, p. 62.