Nel giorno del settantesimo anniversario della
morte di Vjačeslav Ivanov voglio ricordarlo con questa meditazione sulla morte:
una dolente ma pacificata meditazione sulla morte che inizia immergendosi nelle
tenebre e nel buio dell’angoscia per emergere lieve e silente nella composta
contemplazione del Mistero d’amore del gesto eucaristico di Cristo, svelato
nell’immota essenzialità dei mosaici dei primi cristiani.
La poesia Sobaki [Cani], era stata composta a Pavia il 12 gennaio 1927. Essa
va letta insieme a Palinodija
[Palinodia], scritta solo due giorni dopo. In entrambi casi si tratta di una
riflessione sulla propria percezione della classicità e della cultura ellenica
tanto amata, ora però riconosciuta come impotente di fronte alla “notte
indomabile” della morte e del nulla, e bisognosa di una guida altra. E' una
palinodia, una dolorosa ritrattazione che il poeta compie come atto di ascesi
(“Da te fuggo. In Tebaide di locuste e d'assenzio/ E del miele selvatico mi nutro
del silenzio” – traduzione di D. Gelli Mureddu).