Arrivo ad Astapovo
Brianza alle cinque, del pomeriggio questa volta. La primavera è
scoppiata improvvisa, il sole scotta e ci sono nuovi fiori tra i
cespugli incolti. Dopo l'energica camminata per arrivare fin qui non
mi va di stare al sole, c'è troppo caldo. Ma la stazione è chiusa
da anni, non c'è più niente: tutto sbarrato, niente sala d'aspetto,
niente biglietterie, non un filo di ombra, anche le obliteratrici
sono divelte. Me l'aveva detto l'altro giorno un controllore
dell'Eurostar: trenitalia è come la mutua, mangia quella sbobba e
sta zitto. Le frecce sono il privato: il cliente paga e viene
soddisfatto. Lì per lì non avevo tempo di sollevare perplessità
sulla quella millantata quanto dubbia soddisfazione: stavo discutendo
perché non volevo pagare il biglietto della freccia su cui ero
salita abusiva, visto che il mio interregionale (no, nome cambiato:
regionale veloce sic! anzi sigh!) era annunciato con 50
minuti di ritardo. Ma non avevo più diritto di salire sulla freccia,
perché io ero un cliente della mutua. Da esserne fieri: mio padre
tutta la vita è stato orgoglioso di essere un competente e
appassionato medico della mutua.
è il mondo dei paninari. Te li ricordi? Oggi hanno quarant'anni, sono dirigenti, ministri, sindaci. hanno figli, i valori che gli hanno trasmesso sono la marca del giubbotto, la marca delle calze a losanghe, queste cose qui. Andare con i mezzi pubblici è da sfigati, a meno che non si vada a trecento all'ora con le hostess gli steward e il wifi.
RispondiEliminaTriste da dire, sembrava una cosa innocua, e invece era una mutazione genetica.
D'accordissimo, Giuliano. Ti rispondo con il soggetto numero 3, a cui però fa seguito uno speranzoso numero 4. Anche dalla minacciosa Stazione centrale sbuca un raggio di alba!
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