Dalla mia introduzione al libro di Limonov
Nella cittadina di Saint-Claude, dalla massiccia villa
di via Parc Montretout 8 si domina ancora tutta Parigi, proprio come
dalle Colline dei Passeri Napoleone aveva con un colpo d'occhio
supervisionato il Cremlino. In quel sobborgo parigino, nei primi anni
Novanta, Eduard Limonov fece assaporare l'affabile ospitalità di
Jean-Marie Le Pen al suo temporaneo alleato Vladimir Žirinovskij,
che in Russia aveva da poco fondato un partito populista e
sciovinista.
Recentemente interrogato da Axel
Gyldén su quella bella riunione di "bad
boys", Eduard
Limonov non è per nulla imbarazzato, come non si preoccupa di
rispondere nella sostanza ai legittimi dubbi del giornalista di
"L'Express" riguardo all'opportunità di accompagnarsi a
quegli allegri fautori dell'antisemitismo o all'incongrua mescolanza
di bolscevismo e nazismo nel nome e nei simboli del partito
nazionalbolscevico da lui fondato (e da Putin messo fuorilegge nel
2007).
O meglio, la sua risposta è di tutt'altra sostanza, si
muove tutt'altro piano, evitando in modo programmatico le questioni
"noiose" del politicamente corretto, quei trascurabili
dettagli che possono appassionare solo uomini e donne che hanno
costruito la propria appartenenza nazionale e la propria coscienza
civica sulla memoria e la responsabilità storica.
La Russia, invece, dice Limonov, è una pagina bianca,
la vita politica è inesistente e lui ha scelto la via della
creatività e dell'audacia che osa nuove esperienze e batte strade
inedite. Non ha alcuna difficoltà il Limonov del 2012 ad ammettere
di aver combinato insieme un miscuglio di idee di estrema sinistra e
di estrema destra. E così implicitamente riconosce che il
radicalismo estremistico che ha accompagnato tutta la sua carriera di
scrittore e uomo politico è in realtà costruito ed è frutto di una
scelta creativa. Ciò che ha fatto del suo scandaloso personaggio un
sonoro "schiaffo al gusto pubblico" è un estremismo
artistico e culturale, così lo definisce apertamente Eduard
Veniaminovič.
Un paso
doble con
giravolta, e olà!,
ecco la blusa gialla di Majakovskij (che in suo romanzo Limonov
rivisita sotto le forme canarine di una camicia Italian
style): il gesto
dell'artista disperatamente desideroso di incarnarsi nell'esistenza.
Il personaggio di carta esce fuori dalle righe e passeggia per le
strade patinate di Manhattan e Parigi o per i monumentali viali
sovieticheggianti della Transdnistria, ma per essere più vero, per
redimere la maledizione della carta, discende negli inferi della
vita, si mischia con il fango, si sporca con il sangue e con tutti i
possibili fluidi corporei.
"È
esattamente questa la vita che ho sempre voluto: caleidoscopica,
arrischiata, sfavillante. Adesso la prigione e lo status
di criminale, la dignità di criminale di Stato mi hanno colato nel
bronzo, reso un monumento. Chi oserà più mettere in dubbio la mia
sincerità e tragicità?" (Il
libro dell'acqua).
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