7/ Sabato Santo: Nella Settimana Santa di Boris Pasternak
Chiesa di San Salvatore in Chora |
Ieri tra le brume dell’incoscienza e l'annichilimento serpeggiava la
necessità svegliarsi
e alzarsi: risorgere. E' quello “sforzo di risurrezione” di cui parlano gli
ultimi versi della poesia di Živago, La settimana santa. E' la ripresa del canto liturgico del Sabato
Santo Che taccia ogni carne umana. Fa
memoria del brano di Zaccaria (2, 13) che parla delle promesse di Dio a
Gerusalemme: «Che taccia ogni carne umana in presenza dell'Eterno! poich'egli
s'è destato dalla sua santa dimora».
Quello sforzo di resurrezione è ben dipinto negli affreschi del monastero di Chora (Istanbul) che mostra bene la faticaccia di Adamo ed Eva che escono dalla tomba, certo aiutati dalla mano potente del Salvatore, ma guardate loro, che movimento dinamico e sforzato per disincargliarsi dalla tomba!
Buona Pasqua, buon sforzo di liberazione!
NELLA SETTIMANA SANTA
Ancora intorno tenebra di notte
Ancora è tanto presto al mondo
Che in cielo non si contan le stelle,
E ognuna, come il giorno, brilla.
E se potesse la terra
Passerebbe la Pasqua dormendo,
Alla lettura del Salterio.
Ancora intorno tenebra di notte
E' tanto presto al mondo
Che per l'eternità si è stesa
La piazza dal crocicchio al canto.
E fino all'alba e al tepore
Manca ancora un millennio.
Ancora la terra è nuda e spoglia,
E nelle notti non sa come
Spiegare le sue campane
E dar eco ai cantori dall'aria libera.
E dal Giovedì Santo
fino a tutto il Sabato Santo,
L'acqua trapana le rive
E inanella mulinelli.
E il bosco è spoglio e scoperto,
E nella Settimana di Passione,
Sta come schiera di oranti,
Folla dei tronchi di pino.
Ma in città, in un piccolo
Spazio, come a un convegno,
Gli alberi guardano nudi
Tra le inferiate delle chiese.
E il loro sguardo è colmo d'orrore.
Si capisce la loro ansia.
I giardini escono dai recinti,
Vacilla l'ordinamento della terra:
Si seppellisce Dio.
E vedono una luce all'iconostasi
E il sudario nero e dei ceri la fila,
I volti in pianto:
E improvvisa la processione
Gli si para davanti con l' Epitaphios,
E le due betulle all'ingresso devono scostarsi.
E gira intorno allo spiazzo il corteo
Sul ciglio del marciapiede,
E dalla via porta sul sagrato
Primavera e chiacchiere di primavera
E un'aria sapida di ostie
E d'ebrietà primaverile.
E marzo sparge la neve
Sul sagrato alla folla degli storpi,
Come se l'Uomo fosse uscito
E portasse e aprisse il ciborio,
E tutto distribuisse, fino in fondo.
E il canto dura fino all'aurora,
E, singhiozzati a sazietà,
Dall'interno sommessi giungono,
Sugli spiazzi sotto i lampioni,
Il Salterio o gli Atti.
Ma tacerà a mezzanotte il creato
e la carne,
Avendo udito le voci della primavera
Che, solo appena si faccia bello,
La morte si potrà vincere
Con lo sforzo della risurrezione.
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