Осень поздняя. Небо открытое,
И леса сквозят тишиной.
Прилегла на берег размытый
Голова русалки больной.
Низко ходят туманные полосы,
Пронизали тень камыша.
На зеленые длинные волосы
Упадают листы, шурша.
И опушками отдаленными
Месяц ходит с легким хрустом
и глядит,
Но, запутана узлами зелеными,
Не дышит она и не спит.
Бездыханный покой очарован.
Несказанная боль улеглаю
И над миром, холодом скован,
Пролился звонко-синий час.
Август 1905
|
Tardo autunno. Cielo sereno, E i boschi traspaiono di silenzio. E' approdata alla riva dilavata La testa della rusalka malata. Basse vanno le strisce di nebbia, Trafiggono l'ombra del giunco. Sui lunghi capelli verdi Cadono le foglie frusciando. E pei margini del bosco lontani La luna passa con leggero scricchiolio e guarda, Ma, impacciata nei lacci verdi, Non respira e non dorme. La quiete senza respiro è incantata. Un'indicibile pena si è posata. E sul mondo nella morsa del gelo Si è effusa un'ora sonoro-azzurraю Agosto 1905 |
La "morte fangosa"1, come quella di Ofelia, tornata in seno "al proprio elemento nativo"2, è il tema di Tardo autunno. Cielo sereno (1905, originariamente intitolata La riva dello stagno), una poesia del ciclo dal titolo shakespeariano Bolle di terra3. Quest'espressione in Macbeth allude alle stregonerie e agli incantesimi, ma anche a un momento primigenio di fusione degli elementi, simboleggiato dalla palude. Fondendo la suggestione shakesperiana con la sapienza senza tempo del folclore russo, Blok si immerge nel mondo ctonio della palude, impasto di terra, acqua e aria, dove una potenza vegetale cresce rigogliosa senza volto e senza tempo. Nell'atmosfera ambigua e duplice della palude, piena di prodigi e di minacce, si dispiega la forza degli elementi (stichija) dionisiaca. La rusalka malata (o morta?) descritta con i termini altrove usati per Ofelia, condensa l'eco di dolore della natura, della anima del mondo che, però, in questi versi appare pacificato dal fruscio della luna: una sorta di accettazione, tanto tipica del Blok maturo, della natura nel suo ritmo, della stichija non solo come armonia ma anche come caos.
1Hamlet, cit., p. 900 (IV.7).
2"Or like a creature native and indued/ Unto that element". Sono le parole della regina che descrive la morte di Ofelia Ibidem.
3"The earth hath bubbles, as the water has.." (W. Shakespeare, Macbeth, in Complete Works, cit., p. 848 (I, 3). La poesia si trova in A.A. Blok, Sobranie sočinenij, cit., vol. II, p. 22.
Vale
la pena riflettere sulla "caratteristica di Blok"1
abbozzata in occasione del venticinquesimo della sua morte da
Pasternak, che significativamente parte proprio dall'analisi
dell'amletismo blokiano.
Pasternak scrive questo saggio mosso da un bisogno profondo, tanto
che il saggio e la meditazione su Blok gli crescono tra le mani e
diventano la spinta per scrivere Il
dottor Živago,
altro grande testo dell'amletismo russo.
Nel
primo Blok Pasternak intravede due potenti germogli che poi si
sviluppano nelle opere mature: la descrizione della natura
e l'amletismo. Quest'ultimo è
inizialmente il segno di una "spiritualità indefinita, senza
una direzione precisa a livello naturale-elementare". La
spiritualità della materia profonda, dunque, quella che rigoglia
negli elementi, attraverso il femminino. Pasternak coglie l'essenza
dell'amletismo di Blok nella sua fascinazione per Ofelia e infatti
per esemplificare cita La
canzone di Ofelia (1899)
dove il canto della giovane si colora di oscuri presagi. In una
versione non definitiva la fanciula promette all'amato lontano:
"Piangerò sulla tomba/ E morirò con te.../ Ci opprime, caro!
Ci soffoca, caro,/ L'umida terra". Un altro monologo di Ofelia
ormai folle (Ieri
egli continuava a sussurrarmi,
1902) rende il montare dello spaesamento attraverso il ritmo spezzato
del verso, le ripetizioni che mimano la forma della ballata ma in
realtà documentano la perdita del senno, insieme a quella
dell'orientamento spazio-temporale ("E' stato ieri - quanto
tempo è passato?"), dell'identità (l'uso del passivo riferito
a se stessa, il volto dell'amato visto in ogni filo d'erba) nella
fusione con la natura senza tempo e indifferente ("Io da sola mi
sono rifugiata nel
campo/
E non c'è stata più tristezza"2).
Amleto, il principio maschile, è dato qui nella sua angosciante
assenza, scomparso nel passato ("Egli se n'è andato per il
sentiero/ Dov'è svanito il giorno di ieri -/ Il giorno di ieri...").
Con
l'andar del tempo questa "costante interiore", che ricorre
al di là delle diverse variazioni, si approfondisce, perde quel tono
vago e si incontra con la storia, il 1905. E allora, continua
Pasternak quasi commentando il futuro Dottor
Živago,
l'amletismo "porta alla drammatizzazione
di tutta la scrittura realistica blokiana (gli eventi,
sempre, la misteriosità
/.../ Di nuovo, l'intuizione
e la conquista dell'immagine del pensiero nell'epoca storica per
antonomasia,
colma di moti
popolari,
di eventi
di strada,
l'epoca non del fatto, ma dell'evento3".
1B.L.
Pasternak, K charakteristike Bloka [Per una caratterizzazione
di Blok], in Polnoe sobranie sočinenij
v 11 tomach [Opere complete in
11 volumi], Slovo, Moskva 2004, vol. V, pp.
363-367.
2Nell'introduzione
a Gioia Inaspettata
[Nečajannaja radost'] del 1905
Blok così si rivolge alla natura: "Tu ti sei ritirata per
sempre nel campo". A.A. Blok, Sobranie sočinenij,
cit., vol. II, p. 7. Il corsivo è mio.
3B.E.
Pasternak, K charakteristike Bloka [Per una caratterizzazione
di Blok], cit., p. 363, il corsivo è di Pasternak.
"Amleto in Russia"... pensa, ne parlavo recentemente per via telematica con Francesca, dell'impatto che quel corso ebbe su di noi.
RispondiEliminaAd ogni modo, non leggevo Blok da molto tempo (anche se - rullino i tamburi - è una sua frase che apre il mio libricino di poesie!), e ora che ce lo sottoponi - a noi fedeli 25 di questo blog - c'è un'eco verlainiana enorme, quasi assordante. Ovvero, come può essere assordante un'eco di Verlaine: una sorta di ronzio indefinito che provoca malessere senza palesarsi mai. C'è anche qui, mi pare, quella "fadeur" (insipidezza) di cui parla Richard a proposito di Verlaine, non intesa come assenza di sapore, ma come luogo in cui gli eccessi si smorzano, tutto si perde in una nebulosa sensazione che arrivi da lontano, come un'eco smorzata di quella che era musica, il riflesso pallido di quello che era il sole. E' in questo indistinto che Verlaine cerca il proprio lettore, non ponendolo spalle al muro, come chi chiama l'"hypocrite lecteur", ma come chi lancia segnali nel vuoto, nel buio, sperando che un altro li raccolga. Il poeta pare quasi annullarsi, ma ciò che salva dalla letargia (ancora parole di Richard) è l'accordo dissonante, la manata di fango alla maniera di Rimbaud, oppure i brividi dati dalla contorsione del suo verso. Ora, quest'effetto di malefico sistro che risveglia malamente sul limitare della letargia, io lo trovo proprio in questa testa d rusalka malata che scivola a riva.
Ora, io non ricordo se Blok avesse letto Verlaine, anche se mi pare che fosse un riferimento comune all'epoca (il mio vecchio Brjusov, amore di un'estate...).
Massimiliano
Sì l'aveva letto. E adesso mi fai venire in mente che lo stesso Pasternak scrivendo su Verlain e traducendolo si immergeva che in atmosfere blokiane. Ma bisognerebbe scavarci meglio. Quel lontano scorso è stato speciale soprattutto per me e per voi studenti che praticamente mi avete guidato. Salutami tanto Francesca!
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