Andrej Rublev: La Maestà di Cristo 1410 |
Tra la seconda metà del XIII secolo e l'inizio del XIV
ebbe luogo la grande rinascita dell'ideale esicastico di
contemplazione e vita eremitica, in continuità con la tradizione dei
Padri del deserto, i quali già nel V secolo avevano elaborato la
dottrina della preghiera del cuore. Essa consisteva nella
ripetizione, nella "ruminazione" di brevi formule verbali,
all'inizio non ancora stereotipate, che doveva portare a una
disposizione permanente dello spirito, a un habitus
spirituale, la perpetua memoria di Dio che entrava a far parte della vita intima tutta, nelle fibre più recondite del corpo, aderendo fin al respiro e al battito del cuore. La ripetizione, la non
argomentatività della preghiera, insieme a una continua vigilanza e
attenzione, erano segno e insieme mezzo per il raggiungimento di un
atteggiamento totalmente interiore (la preghiera era infatti definita
krypte,
occulta, non in virtù di una sua esotericità, ma a causa del suo
carattere intimo, opposto, per esempio, alla proclamazione dei salmi)
grazie al quale tutta la persona, anima e corpo, operava in modo
completamente estraneo al procedere abituale del pensiero, alla
razionalità esteriore.
Tutto ciò aveva poi trocato una
sua prima "sistematizzazione" nell'opera di Simeone, il
nuovo Teologo (949-1022), il quale sviluppò un'altra linea
dottrinale, quella della mistica della luce, che nell'esicasmo
athonita si ritroverà costantemente associata alla preghiera di
Gesù. Ma già san Giovanni Climaco, nella sua Scala
del Paradiso, nel VII
secolo indicava come percorso verso la theosis
(lo stato deificato, in russo oboženie)
l'abbandono di ogni elemento discorsivo-razionale, non tanto per
negarlo, quanto per porsi al di là, in un'altra sfera: "L'esicasta
dotato di conoscenza non possiede parole poiché nei suoi atti viene
illuminato da ciò che le parole significano".
Lungo questa via di ascesi e contemplazione si trovava
Gregorio Palamas (1296 – 1359), monaco del Monte Athos, teologo e
mistico, divenne Arcivescovo di Tessalonica: colui che diede forma
alla dottrina della essenza e delle energie. Vladimir Losskij
considera l'apofatismo (la teologia mistica o negativa di Dionigi
l'Areopagita) il carattere intrinseco della tradizione teologica
orientale. Le due vie, quella apofatica e quella catafatica fin
dall'inizio sono considerate complementari, ma quella negativa viene
sentita come privilegiata, non per un malinteso agnosticismo, e
nemmeno perché l'uomo e i suoi modi di significazione e di
espressione sono impropri e imperfetti, ma perché è quella che più
compiutamente riesce a esprimere la trascendenza assoluta di Dio:
essa sembra venir quindi caricata di una più perfetta "positività",
così come il silenzio finisce per diventare spazio di una
comunicazione perfetta. La preoccupazione di San Gregorio, tuttavia, era quella
dell'accessibilità di questa divinità trascendente. Dio è
inconoscibile ma non raggiungibile: per la sua dottrina l'essenza
divina è inattingibile, ma le energie divine si possono comunicare
all'uomo, anzi nella loro irradiazione portano così purificazione e
trasfigurazione della materia. Ciò ha un enorme influsso sull'arte.
Creazione di materia trasfigurata dalla luce divina, appunto.
La pratica esicastica parte dalla concentrazione
interiore, equilibrio psicologico, suo superamento, distacco dal
terreno, per una sua purificazione e non negazione.
Due sono le visioni che guidano l'esperienza religiosa:
San Macario, Teofane il Greco |
quella ascetica
con il ripudio dei valori terreni. E' la quiete contemplativa che
troviamo soprattutto nell'arte bizantina. Le figure ieratiche di
Feofan il Greco, per esempio (chi ha visto Andrej Rublev di
Tarkovskij ricorderà a questo proposito l'accorata discussione di
Feofan e Rublev). Le icone o gli affreschi di Feofan sottolineano il
netto contrasto tra le figure scure dei santi e i raggi di luce che
li avvolgono ma che non traspaiono da una sorta di loro cupezza
interiore. I loro volti non esprimono la gioia dell'incontro con il
divino, ma quasi il timore-tremore della resposabilità che portano.
quella trasfigurativa che parte non dal ripudio
dei valori terreni, ma dalla loro trasfigurazione e recupero,
purificati. Questa via è quella più tipica della tradizione russa
dalla fine del XIV secolo, epoca di san Sergio di Radonež, fondatore
della Lavra della Trinità, che inaugura un nuovo tipo di
monachesimo, una modalità di essere santi più rivolta al mondo e
che un punto di riferimento fondamentale per lo stesso Rublev.
Tutto il XIV secolo è pervaso dalla riflessione
sull'ascesi e del perfezionamento dell'anima umana alla luce del tema
taborico, la divina luce celeste che trasfigura l'umano. Le icone si
concentrano sull'interiore, sull'intensità della vita spirituale, e
lo fanno lavorando sulla luce che non è tecnica, ma sostanza del
lavoro dell'iconografo. Gli assist (colpi di luce che si irradiano su
tutta la superficie) e la crisografia diventano segno e percezione della
luminescenza interiore della forma incarnata nella materia.
Le figure di Rublev sono quasi incorporee, delineate
solo da un contorno appena accennato (neoellenismo, recupero della
tradizione: composizione delle forme, gusto per le proporzioni, vasi
greci). Contorni morbidi, sfumati in reiterazioni ritmiche,
stilizzazioni che creano l'atmosfera di un mondo celeste, pacata
beatitudine, assorta contemplatività.
Una vera e
propria ontologia esicastica concepisce, dunque, il rapporto tra Dio
e il mondo non secondo il modello del platonismo cristiano che
prevedeva una frattura netta tra la perfezione divina e la
imperfezione del creato, ma secondo la ferma convinzione della
presenza divina nel mondo e quindi della potenziale possibilità del
mondo di diventare perfetto, di diventare Dio, parola chiave infatti
è obozenie, theosis,
divinificazione. La penetrazione nel creato delle energie increate
divine costituisce tale possibilità.
Questo per
il creato intero e per la persona costituisce un compito, è come se
ogni uomo fosse chiamato a realizzare quella pienezza, a trasfigurare
il proprio essere, a far rilucere la luce che lo trapasserebbe se non
si fa opaco. Il divino è comunicabile.
Che bello questo tuo intersecare la "lectio" sulle Icone con i riferimenti ai modelli spirituali diversi ma complementari dell'ascetica e della trafigurazione!
RispondiEliminaIl richiamo alla preghiera continua, che è il motivo portante del famoso libro del pellegrino russo,costituisce la base più importante per entrare in uno stile di vita meditativo fondato sul "mantra". Per noi occidentali, moderni e attratti sempre più dal pensiero razionale, è molto difficile non scambiare la "ripetizione del nome" per un rimuginamento senza senso di giaculatorie superstiziose e ne perdiamo tutto l'incanto e la leggerezza.
Quando il cuore è felice canta...