A Vyborg non c'è quasi
nessuno che sia arrivato prima degli anni Quaranta. Gente senza
storia in una città soffocata dalla storia. I finlandesi se ne sono
andati nel 1944 in massa. Chi è rimasto, di solito contadini in
fattorie isolate che pensavano solo a coltivare le loro
patate-carote-cavoli, è stato per la maggior parte deportato in
Siberia. "Sono sopravvissuti, i finlandesi: senza tante parole e
senza tante emozioni, hanno trovato un modus vivendi anche nelle
inospitali terre siberiane".
Fondata nel 1293 dagli
svedesi, perla del golfo di Finlandia Vyborg-Viipuri, è stata
continuamente contesa passando di mano in mano, avanti e indietro tra
Svezia, Russia e Finlandia. Le sue complesse fortificazioni stellate
non le sono state di gran aiuto. Per tutta la metà del Novecento, su
un'altura ai bordi della città il monumento a Pietro il Grande, che
la conquistò nel 1710 per assicurare un "cuscino" a San
Pietroburgo, si è alternato al fiero leone simbolo dell'indipendenza
finlandese che ora siede un po' malconcio davanti agli uffici del
museo del parco Mon repos. Qualcuno l'aveva seppellito per
salvarlo dalla distruzione dei soldati che facevano a pezzi tutto ciò
che sapeva di Finlandia.
"Quando arrivarono i soldati
russi" è il ritornello con cui il direttore del museo (russo)
del parco che ci accompagna per il parco inizia a spiegare perché il
tal monumento è senza mani, perché all'obelisco manca l'iscrizione
di Virgilio o perché il meraviglioso palazzo dei baroni è inagibile
dagli anni Sessanta, in attesa di una cospicua donazione di un fondo
di Washington che qui tutti temono si perderà in gran parte nei
meandri della corruzione federale.
Il palazzo, opera di Giuseppe Antonio
Martinelli (curatore della collezione di quadri dell'Ermitage) venne
terminato nel 1804. Adibito a centro di vacanze per soldati già nel
1945, è diventato uno di quei tremendi asili "24 ore"
sovietici (dove i bambini non tornavano mai a casa perché le mamme
lavorassero in santa pace) per poi finire bruciato e rimanere così,
una carcassa inavvicinabile per mezzo secolo. Insieme all'annesso
della biblioteca, che invece si è salvata perché i finlandesi si
sono portati via a Helsinki le decine di migliaia di libri dei baroni
che ora riposano su scaffali finnici nello stesso preciso ordine con
cui erano disposti a Mon repos.
E così Vyborg continua la sua vita
sonnacchiosa di città ai margini, continua la sua vita un po'
sovietica ("eh, Evgenija Viktorovna, non esistono persone ex
sovietiche, esistono solo persone sovietiche con vari gradi di
consapevolezza") senza quella senso di sicurezza minimo che lo
Stato sovietico assicurava al cittadino qualunque. Sembra morire di
una lenta e inavvertita fine, Vyborg. La biblioteca progettata da
Arvo Aalto è tutta impacchettata e sta per essere restaurata, solo
perché qualche tempo fa Putin si è incontrato quasi per caso con la
premier finlandese sul nuovo treno veloce Helsinki-Pietroburgo. La
signora, probabilmente inarcando il sottile sopracciglio, ha chiesto
notizie dell'edificio e la macchina dei lavori sembra essersi mossa.
Nessun sopracciglio, invece, si è
alzato per la via centrale di Vyborg, quella che porta alla fortezza,
via Krepostnaja. Qualche tempo fa un edificio è crollato e ora molte
case antiche sono pericolanti. Cammini tra le transenne, come se la
guerra fosse finita ieri. Qualche caffè, qualche negozietto di
souvenirs e poi staccionate, impalcature lasciate a metà, coperture
fantasiose che lasciano indovinare dai buchi o da cupe trasparenze il
sobrio decorativismo dell'art noveau del Nord. Sembra impossibile che
nessuno voglia investire in centro di una città che è stata tra le
più importanti del granducato di Finlandia e che ora è completamente
dimenticata dal governo federale. Viipuri città-comfort, la
chiamavano negli anni Trenta quando era al centro degli studi e degli
esperimenti dell'architetto Otto-Iivari Meurman (1890-1994), invitato
dalla municipalità cittadina a vigilare sulla conservazione dei suoi
monumenti antichi e sulla razionalità e sostenibilità delle nuove
costruzioni.
Rimane un velo di tristezza, nella
vecchina che legge le Izvestija appese come un tempo lungo il bordo
del parco e il disincanto del direttore del museo che ama la sua
città (da soli sei anni, anche lui non è di qui), che adora il suo
lavoro ma che non vede prospettive. E Lenin nella Piazza Rossa con il
suo gesto ampio continua a gettare mangime ai piccioni...
Brava Candy, che vai in giro per la provincia e sottometti tutto al tuo occhio pacato e inesorabile!
RispondiEliminaPensare che la maggior parte dei nostri colleghi non hanno mai mosso il culo dai tavolini dei caffè sull'Arbat... Studiano la cultura di un paese che non hanno mai visto, come quelli che studiano la lingua maya o quella hittita... E loro, almeno, le rovine le hanno viste.
Gli italiani si sono mossi in massa per difendere la Finlandia durante la Guerra di Inverno. Nel cimitero degli eroi di Helsinki c'è un nostro pilota, Diego Manzocchi.
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